Cos'è questa storia che il Cai vorrebbe togliere le croci dalle vette montane
La bufera è esplosa quando il direttore editoriale del Cai Marco Albino Ferrari ha parlato della possibilità che le croci siano simboli divisivi
Potrebbe succedere un giorno che si decida di non mettere più le croci sulle cime delle montagne ma pare che, almeno per ora, non succederà. Resta un’idea di qualcuno all’interno del Cai (Club alpino italiano). Un’idea e basta perché a oggi non se ne farà nulla dopo le reazioni della politica e una pietra tombale posta sulla discussione da parte del presidente generale del Cai Antonio Montani. Ma che cosa è successo?
La bufera è esplosa qualche giorno fa quando il direttore editoriale del Cai Marco Albino Ferrari, durante un convegno organizzato all'Università Cattolica di Milano, in occasione della presentazione di un libro, ha detto: “Non saranno istallate nuove croci sulle montagne”. Il motivo è che quelle croci sarebbero “divisive”. Inoltre sul suo storico portale, Lo Scarpone, si legge che, negli ultimi anni “le croci svettanti sulle montagne sono state oggetto di dibattiti aperti, tra puristi della natura selvaggia e difensori di un marker della nostra geografia culturale” e “sarebbe forse più appropriato intendere le vette come un territorio neutro, capace di avvicinare culture magari distanti, ma dotate di uguale dignità”. Poche parole ma sufficienti per creare un vespaio, con tanto di richieste di marcia indietro e dimissioni.
L'intervento della ministra Santanché
È intervenuta direttamente la ministra al turismo Daniela Santanché, che sui social ha scritto: ’'Resto basita dalla decisione del Cai di togliere le croci dalle vette delle montagne senza aver comunicato nulla al Ministero. Non avrei mai accettato una simile decisione che va contro i nostri principi, la nostra cultura, l'identità del territorio, il suo rispetto. Un territorio - ha sottolineato Santanché - si tutela fin dalle sue identità e le identità delle nostre comunità è fatta di simboli che custodiscono nel tempo la storia e valori. Invito il presidente del Cai a rivedere la sua decisione’'.
Nemmeno il leader della Lega e ministro alle Infrastrutture Matteo Salvini l’ha presa bene: ''Dovrete passare sul mio corpo per togliere un solo crocifisso da una vetta alpina, senza se e senza ma. Io adoro la montagna e penso che il Cai faccia un lavoro enorme ma leggere che si vogliono togliere le croci sulle vette perché sarebbero divisive dico che quel qualcuno ha un grosso problema'', ha aggiunto Salvini dal congresso regionale del partito in Piemonte.
Anche i più moderati di Forza Italia intervengono a difesa delle croci, con Antonio Tajani che, su Twitter, ha detto: “Esiste un minimo comune denominatore che lega tutta l'Europa ed è il cristianesimo. Da Roma a Berlino, da Parigi a Lisbona, da Madrid ad Atene e fino ai Paesi baltici troveremo sempre una Croce. Difendiamo i nostri valori, la nostra identità, le nostre radici”.
Il chiarimento del Cai
Il Club alpino italiano, con un articolo sul suo sito, fa sapere che "guarda con rispetto le croci esistenti, ma non solo: si preoccupa del loro stato ed eventualmente, in caso di necessità, si occupa della loro manutenzione (ripulendole dagli adesivi, restaurandole in caso di bruschi crolli). Questo perché, è giusto evidenziarlo una volta di più, rimuoverle sarebbe come cancellare una traccia del nostro cammino; un’impronta a cui guardare per abitare il presente con maggior consapevolezza". Ma "è proprio il presente, un presente caratterizzato da un dialogo interculturale che va ampliandosi e da nuove esigenze paesaggistico-ambientali, a indurre il Cai a disapprovare la collocazione di nuove croci e simboli sulle nostre montagne”.
"Ci sono argomenti che, più di altri, spaccano in due la sensibilità degli appassionati di montagna, senza lasciare spazio alle mezze misure. Uno di questi è rappresentato dalle croci di vetta. Ogni notizia legata a una croce porta alla rapida formazione di schieramenti netti, distinti, precisi. Tale dinamica purtroppo intorbidisce il dibattito, trasformandolo in alterco; in un battibecco su cui, purtroppo, non pochi tendono a speculare", sottolinea il Cai, sul portale “Lo scarpone”, ricordando quanto emerso in un convegno che si è svolto giovedì a Milano, dove "si è registrato un punto di convergenza culturale, giuridico, storico e perfino religioso; una prospettiva che ha trovato tra i presenti una larga concordanza sulla necessità di lasciare integre le croci esistenti, perché testimonianze significative di uno spaccato culturale, e allo stesso tempo di evitare l’istallazione di nuovi simboli sulle cime”.
Montani smentisce Ferrari e si scusa con Santanchè
Alla fine il presidente del Club alpino ha provato a chiudere la polemica con parola che vorrebbero essere una pietra tombale. “Il Club alpino italiano non ha nessuna intenzione di togliere le croci dalle vette delle montagne. Non abbiamo mai trattato l'argomento delle croci di vetta in alcuna sede, tantomeno prendendone una posizione ufficiale. Quanto pubblicato - spiega Montani - è frutto di dichiarazioni personali espresse dal direttore editoriale Marco Albino Ferrari durante la presentazione di un libro. Personalmente, come credo tutti quelli che hanno salito il Cervino, non riesco a immaginare la cima di questa nostra montagna senza la sua famosa croce. Voglio scusarmi personalmente con il ministro per l'equivoco generato dagli articoli apparsi sulla stampa e voglio rassicurare che per ogni argomento di tale portata il nostro ministero vigilante sarà sempre interpellato e coinvolto”.
Alla fine anche lo stesso Ferrari ha provato metterci una pezza, precisando che le sue dichiarazioni relative a un eventuale rimozione delle croci di vetta sulle montagne siano state travisate, con un riferimento polemico ai giornali di destra e vicini al Governo. Ma la toppa è stata forse peggio del buco visto che hanno nuovamente riacceso la fiamma della polemica. Il deputato di Fratelli d’Italia e coordinatore regionale del Trentino Alto Adige per il partito meloniano, Alessandro Urzì ha attaccato frontalmente il direttore editoriale del Cai: “Ci scuserà Ferrari se, ormai ogni giorno, siamo bombardati da proclami e notizie di chi vorrebbe cancellare la nostra cultura e la nostra storia. La cancel culture non l’ho inventata io né tantomeno il governo in carica da otto mesi: la verità è che di personaggi come lui che cercano di ideologgizzare enti come il Cai ce ne sono purtroppo a bizzeffe. Ormai li riconosciamo subito, ma sono certo che il Cai mantenga la sua terzietà e continui ad agire seguendo lo scopo per cui è nato: tutelare e valorizzare l’alpinismo in tutte le sue forme”.