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Cementificio Sarche, per l'Ue la riapertura potrebbe essere un problema

Marini (M5s): “La Pat prende i soldi dall'Ue per ridurre emissioni e inquinamento, ma apre le porte a proposte e operazioni che portano nella direzione opposta”

Nonostante le 1.286 firme raccolte dal comitato "Salviamo la valle dei Laghi", il cementificio di Sarche di Madruzzo si prepara a riattivare i propri forni. "Questa volta - assicura il direttore tecnico dell'azienda Italcementi Agostino Rizzo - sono però previsti interventi ambientali che punteranno a ridurre le emissioni inquinanti a un livello inferiore al 2015". Sul punto anche l'Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente (Appa) ha assicurato che l'emissione di polveri inquinanti verrà ridotta al di sotto del limite consentito dalla legge.

Eppure per il Movimento cinquestelle (M5s) la riapertura del cementificio cozza con il principio europeo del "non arrecare un danno significativo" all'ambiente. Per questo l'europarlamentare Sabrina Pignedoli, su richiesta del movimento trentino, ha presentato un'interrogazione a cui ha risposto la commissaria europea per la Politica regionale Elisa Ferreira.

Una risposta che fa esplicitamente riferimento anche all'attività dei cementifici: “Per qualsiasi nuova azione nel settore della produzione di cemento destinata a beneficiare di un sostegno europeo, la Provincia autonoma di Trento deve garantire che tali azioni siano conformi al principio ‘non arrecare un danno significativo’”. Il cementificio di Madruzzo in realtà non è finanziato dall'Ue, ma per il consigliere provinciale pentastellato Alex Marini "l'autorizzazione alla riapertura porterà a un aumento delle emissioni che non permetteranno di centrare gli obiettivi climatici per cui la Pat riceve fondi europei".

Cosa prevede il principio “non arrecare un danno significativo”

Nello specifico, infatti, si considera che un’attività arrechi un danno significativo alla mitigazione dei cambiamenti climatici se conduce a significative emissioni di gas serra. “È il caso della produzione di cemento che risulta essere estremamente inquinante, e infatti per il cementificio di Sarche non a caso la Pat stima che le emissioni saranno di 210mila tonnellate di CO₂ all’anno, cosa che con ogni probabilità porterà allo sforamento degli obiettivi fissati nel piano energetico ambientale provinciale (Peap)”, spiega Marini.

Il principio prevede inoltre che “un'attività arreca un danno significativo all'uso sostenibile e alla protezione delle acque e delle risorse marine se nuoce al buono stato o al buon potenziale ecologico di corpi idrici, comprese le acque di superficie e sotterranee, o al buono stato ecologico delle acque marine”. Su questo fronte a preoccupare il consigliere è “l’impatto che la riapertura del cementificio potrà avere sul vicino e meraviglioso lago di Toblino”.

Il lago di Toblino è anche un biotopo e un sito di interesse comunitario. E secondo la normativa Ue un’attività arreca un danno significativo “se nuoce allo stato di conservazione degli habitat e delle specie, compresi quelli di interesse per l'Unione”. Eppure, afferma Marini, “non è affatto chiaro come gli uffici provinciali abbiano gestito la questione degli impatti del cementificio sul lago e in generale la valle”.

Infine la questione rifiuti. Il cementificio di Sarche - accusa infatti il pentastellato - "con ogni probabilità potrà bruciare rifiuti a patto di chiederlo". Una conclusione tratta da "quanto accaduto pochi giorni fa nelle commissioni Ambiente e Attività produttive, dove Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno fatto passare emendamenti che permettono ai cementifici di derogare ai limiti sulla combustione dei rifiuti. Senza contare che anche Confindustria spinge per avere un inceneritore in Provincia".

“A fronte di tutte queste valutazioni - concludono il consigliere Marini e l’europarlamentare Pignedoli - pare ovvio che la Provincia dovrebbe opporsi alla riapertura del cementificio di Sarche, se non per convinzione riguardo alla necessità di contenere il mutamento climatico (che sappiamo non essere una priorità per i nostri governanti), almeno per rispetto verso le regole che consentono al Trentino di accedere ai fondi europei. Invece tira dritto: da un lato prende i soldi, promettendo di mettere in campo politiche e investimenti mirati a ridurre emissioni e inquinamento, dall’altro apre le porte a proposte e operazioni che portano esattamente nella direzione opposta”.

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