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Madruzzo

Cementificio Sarche, quarta fumata in poco più di un mese

Lo stabilimento ha riacceso i forni il 20 aprile. Prevista lunedì 6 giugno un'altra azione di protesta

Lunedì 30 maggio un'altra fumata si è levata dal cementificio di Sarche di Madruzzo: la quarta in poco più di un mese dalla riaccensione dei forni dello stabilimento di proprietà di Italcementi (gruppo Heidelberg). L'episodio è stato fotografato da alcuni abitanti della valle dei Laghi poco dopo le 7 di mattina.

Il primo episodio, il più intenso, si era verificato il giorno della riaccensione dei forni mercoledì 20 aprile. Poi mercoledì 5 maggio altri due episodi hanno messo in allarme gli abitanti della valle che proprio la sera della quarta fumata, lunedì 30 maggio, si sono riuniti nel teatro di Calavino per confrontarsi sulla situazione. La serata è stata organizzata dai movimenti ambientalisti Fridays for future, Extinction rebellion, Wwf, dai NoTav, dal circolo Aspasia, dal comitato Salviamo la Vallelaghi e dall'associazione Trentino biologico.

Il cementificio ad oggi non è ancora a regime ed è proprio così che nelle scorse settimane l'azienda ha giustificato le fumate: “La fase di riavvio di un forno industriale è una delle più delicate e può registrare inconvenienti di questo tipo”. Eppure dopo l'ultimo episodio, l'azienda ha fatto sapere a TrentoToday che “lunedì l’impianto non ha registrato alcuna anomalia tecnica ed è regolarmente in marcia”.

Cementificio Sarche, per l'Ue la riapertura potrebbe essere un problema

Un impianto a norma, ma che minaccia la salute di abitanti e ambiente

“L’attività dello stabilimento - ha chiarito subito l’ingegnere Vittorio Ubezio in un video realizzato appositamente per la serata - è perfettamente autorizzata”. In particolare, l’azienda possiede l’autorizzazione integrata ambientale (Aia) che tiene conto di tutti gli aspetti ambientali, dal rumore agli scarichi, fino alle emissioni in atmosfera. Il provvedimento era stato rilasciato il 15 gennaio 2016, è stato aggiornato lo scorso 28 febbraio in vista della riapertura e rimarrà valido fino al 2028.

Come spiegato però dall'altro realtore, il presidente provinciale di medici per l'ambiente (Isde) Roberto Cappelletti, “rispettare i limiti delle emissioni non basta: dobbiamo ricordare che quei limiti sono un compromesso tra la salute delle persone e il profitto: è fuor di dubbio che questi impianti nuociano alla salute”. Per Cappelletti il problema è legato soprattutto al fatto che ad oggi le emissioni diffuse non vengano considerate. In poche parole si misura ciò che esce dai camini, ma non dallo stabilimento nel suo complesso. 

“La Heidelberg è una delle 10 aziende più inquinanti in Germania con un fatturato di svariati miliardi di euro: non si preoccupa certo della salute del nostro territorio - è l'accusa del rappresentante della sezione trentina del Wwf Sergio Negrisolo -. Lo stabilimento aveva chiuso nel 2015 per non adeguarsi alle normative dell'epoca, ha riaperto adesso che sono in vigore le linee guida del 2013 e chiuderà prima che escano quelle aggiornate”.

Il 6 giugno una nuova protesta: "Il problema non sono le singole fumate"

“Il vero problema non sono i malfunzionamenti di questi forni o le singole fumate, ma lo stabilimento in sé - sostiene Andrea Stella di Fridays for future -. Non vogliamo uno stabilimento più efficiente, vogliamo una valle senza cementificio”. Lo scorso 29 aprile il movimento giovanile nato dagli scioperi dell’attivista svedese Greta Thunberg ha organizzato un corteo in valle dei Laghi contro lo stabilimento e si prepara ora a una nuova protesta. “Lunedì 6 giugno useremo i nostri corpi per manifestare il nostro dissenso verso questa opera devastante per il territorio”. La manifestazione, ancora in fase organizzativa, dovrebbe svolgersi verso le 18.

“Il cementificio produce 220mila tonnellate di CO2 all’anno, l’equivalente di 360mila auto che precorrono 500 chilometri attorno allo stabilimento”, ha calcolato Negrisolo. “Le emissioni climalteranti - ha aggiunto il consigliere provinciale del movimento cinquestelle Alex Marini - aumenteranno del 5-6 per cento con il cementificio, mentre quello che dovremmo fare è invertire da subito la rotta. Per non parlare del consumo di suolo che dovremmo arrestare entro il 2050. Il Trentino è già fra i territori peggiori in Italia e il cementificio peggiorerà la situazione”.

Per la guida alpina Marco Furlani del comitato Salviamo la valle dei Laghi c’è poi la questione dell’inquinamento acustico dovuto all’utilizzo di esplosivo nella cava vicino alla fabbrica per ottenere gli inerti necessari alla produzione: “I brillamenti hanno conseguenze anche sulle case e per noi guide alpine non è certo un bello spettacolo”. Per non parlare del biotopo del lago di Toblino e del biodistretto della valle dei Laghi, messi a rischio dall'attività del cementificio.

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