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Territorio / Val di Sole

Formaggi di malga, l’importanza di scegliere e proteggere un’eccellenza

L’asta dei formaggi di malga a Castel Caldes una sfida saporita, ma anche un momento di riflessione importante per il territorio

Il formaggio di malga è una storia di coraggio e di scelte, va protetto e valorizzato. È questa l’essenza di quanto accaduto lunedì 26 settembre, all’interno del maestoso Castel Caldes, nel comune omonimo, dove esperti del settore, ristoratori e cultori della materia hanno alzato le loro palette per aggiudicarsi uno dei ventuno formaggi battuti all’insolita asta che chiude la saporita manifestazione "Cheese FestiVal di Sole".

Asta dei formaggi di malga, Castel Caldes, 26 settembre 2022-2

Le forme battute all’asta avevano diverse stagionature: tra l’uno e i 16 anni. Sono state battute all’asta con rialzi tra i 180 ai 520 euro. La settima asta dei formaggi stagionati trentini è stata condotta con maestria dal qualificato ed esperto banditore fiorentino Sergio Pelone che ha gestito lo speciale processo di compravendita al rialzo, ha visto l’attiva ed entusiasta partecipazione di Raffaele Alajmo, proprietario del ristorante “Le Calandre” di Sarmeola di Rubano, 3 stelle Michelin dal 2002, oltre a quella del noto chef piemontese Andrea Ribaldone e dello chef stellato trentino Alfio Ghezzi. Diverse le personalità trentine in sala che hanno assistito e partecipato all’asta. In sala erano presenti anche due formaggi provenienti dall’Alto Adige e dal Tirolo che, come evidenziato dal presidente dell’ApT Val di Sole Luciano Rizzi, è stata "Una novità particolarmente piacevole per valorizzare anche in maniera gastronomica le peculiarità dell’Euregio, il progetto comune di collaborazione transfrontaliera delle tre aree".

Sostenibilità di un’eccellenza

Non solo un’asta, quella organizzata a Castel Caldes, ma una serata dedicata al formaggio di malga. A fare gli onori di casa è stato il sindaco Antonio Maini, anche appassionato e fiduciario della condotta Slow Food Terre del Noce. Maini, oltre alla calorosa accoglienza, ha rivolto un monito ai presenti, perché questi “gioielli” possano diventare la punta di diamante di una sostenibilità che avvolge le attività di alpeggio.

“Nella storia e nei secoli, la funzione del castello era quella di governo agricolo, quindi di controllo territoriale - spiega Maini -. Oggi sono cambiati tutti gli schemi, ma il castello c’è ancora, così come il formaggio e i produttori ci sono ancora. Caldes non aveva malghe, erano tutte nella zona di Rabbi, ma sappiamo che era una necessità, una conquista territoriale per poter garantire sostentamento familiare. Oggi quel termine, sostentamento, si trasforma e diventa ‘sostenibilità’, che nel pensiero comune la immaginiamo dal punto di vista ambientale e connessa al sistema. Oggi noi vogliamo che diventi anche una sostenibilità reale; intesa come capacità di una persona dal punto di vista occupazionale di rendere sostenibile la propria attività di alpeggio. Allora il ‘modello alpeggio’ diventa sostenibile nella misura in cui una persona possa rimanere in quel luogo, creando un prodotto che ha un valore gastronomico, ma anche turistico. E quindi diventa un’attrattiva turistica che va a colpire un target interessante, anche per ApT Val di Sole”.

Proteggere e investire sul formaggio di malga

Al fianco di Maini e Rizzi, tra le figure istituzionali del territorio, c’erano anche gli assessori provinciali al turismo, Roberto Failoni e all’agricoltura, Giulia Zanotelli. I loro interventi hanno toccato le note della tutela del territorio e dell’importanza di un evento come quello organizzato a Castel Caldes. Per Failoni si tratta di un evento “che lega in maniera basilare l’uomo, il prodotto ed il territorio creando una vera esperienza di assoluta qualità e trasparenza”. Failoni ha sottolineato, appunto, “l’importanza di tutelare il formaggio di malga, simbolo di un passato glorioso, al fine di farci riflettere non solo su un nuovo tipo di economia più sostenibile e più attenta alla tutela ambientale, ma anche come investimento per il futuro, nell’ottica cioè di sviluppare nuove professioni”.

Dello stesso avviso l’assessore Zanotelli che ha evidenziato “la basilare importanza di puntare sulla valorizzazione della qualità: un obiettivo prioritario per il quale il connubio agricoltura-turismo-cultura è decisamente essenziale, nell’intento di distinguere ancora di più il meraviglioso territorio trentino in maniera chiaramente sostenibile”.  

Affinare e curare il formaggio di malga

Dai discorsi sulla materia dal punto di vista strategico e turistico, si è passati al gusto, alla cura del prodotto. Per questo, prezioso è stato il contributo dell’esperto affinatore di formaggi, Adriano Dalpez, che ha precisato: “Il termine affinamento è moderno e raffinato, una volta si diceva ‘stagionatura’. L’affinamento è una parte della stagionatura”. La realizzazione del formaggio è stata definita da Dalpez “l’epopea delle malghe”, perché ogni singola scelta è decisiva per un formaggio che si rispetti. Tutta la passione di Dalpez per questo prodotto tanto amato e ricercato, sta nella sua spiegazione del perché scegliere un formaggio di malga: “Qualcuno diceva che possiamo vivere senza la musica di Mozart. Se conosciamo i formaggi di malga, è come conoscere la musica di Mozart, è l’eccellenza assoluta. I formaggi che vengono realizzati ancora qui, sono diversi da quelli prodotti dalle altre malghe che li riproducono”.

Asta dei formaggi di Malga, Castel Caldes, 26 settembre

 

Territorialità e capacità di scegliere

Interessante e frizzante anche il commento del giornalista Paolo Marchi, ideatore e curatore di Identità Golose e ospite della serata: “Una volta sono stato nelle Dolomiti, in tutt’altra regione e mi sono stati proposti i sushi dolomitici. Se voglio mangiare sushi sto a Milano, se esco dalle grandi città voglio mangiare qualcosa che trovo solo lì”.

Marchi ha portato in sala anche una riflessione interessante sul perché ci siano pochi formaggi nei ristoranti: “Una volta si finiva il pasto con il formaggio, anche a casa. Poi ha preso il sopravvento l’ego dei cuochi che devono far vedere che sono bravi e il formaggio è una cosa fatta e finita. Una volta chiesi a un grande cuoco cosa facesse del crudo, lui mi disse che era tutto quello che veniva prima del suo lavoro. Il formaggio è tutto ciò viene dopo, ma bisogna saperlo comprare e valorizzare”.

Dal filo d’erba dipende ogni cosa

Delicato ed emotivamente coinvolgente l’intervento di Francesco Gubert, maestro assaggiatore di formaggi ed esperto di quelli d’alpeggio. Gubert ha raccontato i formaggi con una cura di particolari tale che ai presenti in ascolto è sembrato quasi di assaporarli ancor prima di farlo realmente, con la bocca. La sua speciale descrizione e la sua delicatezza nel raccontare il tema fondamentale della nascita di un formaggio, l’erba, ha reso questa esperienza ancora più importante. Gubert ha infatti letto un passo del libro da lui curato insieme a Marco Simonini e Amina Pedrinolla: “Cercatori d’erba - Malghe da formaggio in Trentino”, dove parla del calendario della malga. Un passo in cui affronta l’importanza dell’organizzazione, delle tempistiche, le sensazioni e le emozioni di chi lavora nella malga, che ha un carattere più effimero di quello che è nell’immaginario comune:

“Novanta giorni, questo il tempo che la montagna ti concede perché tu possa raccogliere i suoi preziosi fili d’erba. Solo tre pagine di calendario. Un tempo che non ha tempo, che quando a metà giugno sali con le bestie, ti sembra di avere d’avanti una vita: ‘ce la farò?’. E ancor prima di trovare una risposta, sei subito rapito nella densità cadenzata delle ore di lavoro, già non sai più che giorno sia. Ti capita di tentennare quando devi segnare la data sul formaggio fresco di produzione. Poi, una mattina, quando scrivi 15 dell’8, senti l’odore dell’autunno che entra dalle finestre del caseificio. Ultima pagina di calendario. Ultime forme che si aggiungono alla cantina piena. Ultima mungitura. D’un tratto la malga si spegne, come fa un sogno quando ti svegli di soprassalto e ti trovi a pulire le assi del formaggio in un assordante silenzio di campanacci assenti. Comincia allora il periodo più lungo dell’anno: 275 giorni, nove pagine di calendario. Queste il tempo che la montagna si concede prima di richiamarti a sé con nuovi fili d’erba”.  

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