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Agricoltura

Caro energia, 1 agricoltore su 3 taglia i raccolti

Barbacovi, presidente Coldiretti Trentino Alto Adige: "Con la pandemia si è aperto uno scenario di accaparramenti, speculazioni e aumenti dei prezzi dei beni essenziali”

Con l’esplosione dei costi energetici quasi un agricoltore italiano su tre (30%) è costretto a ridurre la produzione di cibo, mettendo a rischio le forniture alimentari e, con esse, la sovranità alimentare del Paese. È quanto emerge da un’indagine Coldiretti/Ixe’. I dati sono stati diffusi in occasione della mobilitazione che vede in tutto il Paese migliaia di allevatori e agricoltori in piazza con trattori e animali per chiedere a Draghi di sbloccare subito i 2,7 miliardi di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) già destinati all’agricoltura, per i contratti di filiera e per il fotovoltaico senza consumo di suolo.

“I rincari dell’energia - sottolinea il presidente di Coldiretti Trentino Alto Adige Gianluca Barbacovi - stanno avendo un impatto devastante sulla filiera, dal campo alla tavola. Con la pandemia si è aperto uno scenario di accaparramenti, speculazioni e aumenti dei prezzi dei beni essenziali”. Parliamo di rincari fino al 50% per il gasolio necessario per le attività che comprendono l’estirpatura, la rullatura, la semina e la concimazione. Inoltre, l’impennata del costo del gas, utilizzato nel processo di produzione dei fertilizzanti, ha fatto schizzare verso l’alto i prezzi dei concimi, con l’urea passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata (+143%).

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Il risultato è che quest’anno produrre cereali come il grano costa agli agricoltori italiani 400 euro ad ettaro in più, mentre per i produttori di olio extravergine d’oliva e di vino i costi medi di produzione sono aumentati del 12%. Il boom dei costi energetici riguarda anche il riscaldamento delle serre per piante e fiori con rincari del 30% e i vivai che sono oggi costretti a produrre in perdita. Nel giro di un anno la bolletta mensile di un’azienda florovivaistica media è passata, infatti, da 1.700 a 6.100 euro.

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Il taglio dei raccolti causato dall’incremento dei costi di produzione - sottolinea Coldiretti – rischia di aumentare la dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti agroalimentari con l’Italia che è già obbligata a importare il 64% del grano per il pane, il 44% di quello necessario per la pasta. Ma anche il 16% del latte consumato, il 49% della carne bovina e il 38% di quella di maiale. Senza dimenticare il mais e la soia per l’alimentazione degli animali e per le grandi produzioni di formaggi e salumi Dop, dove con le produzioni nazionali si riesce a coprire rispettivamente il 53% e il 73%, secondo l’analisi del centro studi Divulga.

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Il caro energia esaspera una situazione già insostenibile: per ogni euro speso dai consumatori in prodotti alimentari freschi e trasformati, appena 15 centesimi vanno in media agli agricoltori. Se si considerano i soli prodotti trasformati, la remunerazione nelle campagne scende a 6 centesimi, secondo un’analisi Coldiretti su dati Ismea. Il latte viene pagato agli allevatori 38 centesimi al litro, mentre un coltivatore di pomodoro da industria per la passata si vede corrispondere 10 centesimi al chilo. Non va meglio per chi produce grano per il pane, pagato 31 centesimi al chilo, né per le arance, dove il prezzo in campagna è di 43 centesimi al chilo.

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