Marmolada e cambiamento climatico: "È ora di iniziare a consumare meno"
Nel libro di Gianfranco Franz, domani a Rovereto, anche la malagestione dell'orso in Trentino
La tragedia di domenica 3 luglio - quando un seracco si è staccato dal ghiacciaio della Marmolada causando una valanga che ha provocato ad oggi nove vittime e otto feriti - ha riportato al centro del dibattito pubblico il cambiamento climatico. Domenica in cima alla Regina delle Dolomiti c’erano 10 gradi. Ma i ghiacciai italiani sono in sofferenza da anni: si stima che entro il 2050 nelle Alpi quelli sotto i 3.500 metri scompariranno. La Marmolada, con i suoi 3.343 metri di altitudine, è uno di questi.
“La tragedia della Marmolada è un evento simbolico delle tante tragedie che il mutamento climatico non governato sta comportando in tante parti del mondo”, ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “Il Governo deve riflettere su quanto accaduto e deve prendere provvedimenti - ha detto il primo ministro Mario Draghi a Canazei - perché quanto accaduto abbia una bassissima probabilità di succedere e anzi venga evitato”.
Eppure, nonostante gli scienziati lancino appelli almeno dagli anni Settanta (il “Rapporto sui limiti dello sviluppo” è del 1972), il problema del cambiamento climatico non è ancora stato risolto. Proprio quest’anno si celebrano i 50 anni da quel rapporto e i 30 anni dalla prima conferenza delle parti (la cosiddetta “Cop”) delle Nazioni unite. “L’umanità è a un bivio - afferma Gianfranco Franz, professore di Politiche per la sostenibilità all’università di Ferrara -. Non c’è più tempo, ma siamo ancora in tempo per salvare il pianeta”. Il suo ultimo libro “L’umanità a un bivio. Il dilemma della sostenibilità a trent’anni da Rio de Janeiro” (Mimesis edizioni, 2022) sarà presentato domani sera, giovedì 7 luglio, alle 18 alla campana dei caduti di Rovereto. L'evento sarà moderato dal consigliere provinciale Alex Marini.
“In effetti è un’iniziativa un po’ particolare, che in apparenza potrebbe sembrare distante dai nostri temi, ma lo sviluppo sostenibile rientra in pieno nelle categorie dei diritti umani, della democrazia e dello stato di diritto - spiega a TrentoToday il reggente della fondazione Campana dei caduti Marco Marsilli -. Solo affrontando il cambiamento climatico riusciremo a preservare l’umanità da futuri conflitti, in primis quelli per le materie prime”. L’ex ambasciatore, che introdurrà l’appuntamento di domani, spera che questo sia solo il primo di una serie di incontri sul tema anche in Fondazione.
Professor Franz, dopo quanto successo in Marmolada tutti invocano un'azione più decisa contro il cambiamento climatico: questa tragedia sarà un punto di svolta?
Deve esserlo, perché ci rimane pochissimo tempo per invertire la direzione imposta dall’idelogia della crescita e della globalizzazione prive di controlli. Il 2050 è indicato da anni come data limite per conseguire dei risultati, ma già il 2030 sarà uno spartiacque. Purtroppo, però, gli uomini tendono a dimenticare in fretta le catastrofi.
Cos'è mancato in questi 30 anni nella lotta al cambiamento climatico?
È mancata la cosiddetta ecologizzazione del pensiero e della nostra cultura più in generale. Se in estate i negozi continuano a tenere le porte aperte e l’aria condizionata al massimo vuol dire che non abbiamo capito che c’è un problema climatico. Cambiare i nostri stili di vita è faticoso, ma necessario. Dovremmo recuperare la parsimonia e la frugalità dei nostri nonni.
Cosa dovremmo fare concretamente?
È arrivato il momento di iniziare a consumare meno. In tutto il mondo, ma soprattutto nei Paesi occidentali. Basti pensare che ogni italiano oggi emette cinque tonnellate di CO2 all'anno, mentre un indiano ne emette meno di due. La Cina è arrivata a produrre otto tonnellate pro capite, ma gli Stati Uniti ne producono 14, quasi il doppio.
È arrivato il momento di intraprendere la strada della cosiddetta "decrescita felice"?
Personalmente non sono d'accordo con questa teoria. Il paradigma teorico è intrigante, ma è puramente intellettualistico perché nella decrescita non c'è nulla di felice. Sono 40 anni che combatto con il mio essere in sovrappeso e ogni volta che comincio una dieta sono depresso. Decrescere non sarà facile, ma è necessario.
Il pianeta va però in un'altra direzione. Per far fronte alla crisi energetica causata dalla guerra in Ucraina e mantenere gli stessi livelli di produzione gli Stati europei stanno addirittura pensando di riaprire le centrali a carbone.
Ed è drammatico. Perché invece non si è proposto un drastico piano di risparmio energetico? Potremmo cominciare dalle piccole cose per cui le tecnologie già esistono come la gestione dell'illuminazione notturna: avere dei lampioni che si accendono solo al passaggio delle persone e non che rimangono accessi a oltranza tutta la notte.
Se le soluzioni esistono perché non vengono adottate?
Perché ci manca la cultura del risparmio. La parola risparmio ci fa pensare di essere poveri. Il risultato è che anche le energie rinnovabili, invece che sostituire quelle fossili, negli anni si sono di fatto aggiunte, aumentando i consumi globali.
Le tecnolgie non potrebbero aiutarci a mantenere il nostro stile di vita rendendolo però sostenibile?
L'innovazione tecnologia da sola non ci salverà. Non solo: ad oggi è stata solo un pretesto per continuare a vivere come abbiamo sempre fatto. A volte addirittura può peggiorare la situazione perché ogni volta che un imprenditore ottiene un risparmio grazie a una tecnologia, investe quei soldi per produrre di più.
Come cambiamo la nostra cultura e il nostro pensiero?
Dobbiamo innanzitutto liberarci del nostro antropocentrismo e ricordarci che non siamo le uniche creature su questo pianeta. Nel libro affronto questo tema citando proprio quanto avvenuto in Trentino con l'orso. Nel vostro territorio l'animale è stato reintrodotto vent'anni fa per ripristinare un ecosistema che si stava perdendo. L'orso si è reinserito nel suo habitat, ha prolificato ed è diventato un pericolo per l'uomo. Così si è deciso di catturarlo e metterlo in gabbia. In sostanza abbiamo reintrodotto l'orso per farlo vivere in prigione. La verità è che i boschi sono la casa dell'orso, non la nostra, siamo noi che dobbiamo imparare quali atteggiamenti adottare per non metterci a rischio. Riteniamo di essere padroni di tutto, ma non è così. Dobbiamo fare pace con la natura e imparare che siamo noi a doverci adattare a lei.