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Assegno natalità, tagliato fuori il 4,4% delle famiglie. Sindacati: "solo discriminazione"

Stando ai dati forniti dagli uffici provinciali su 3200 bambini e bambine che avrebbero diritto alla misura di sostegno, 140 restano tagliati fuori perché nati da un papà e una mamma residenti da meno di dieci anni in Trentino

Continua il braccio di ferro sull'assegno di natalità in Trentino. "I bambini sono tutti uguali. Vanno garantite a tutti le stesse opportunità" è un appello che sindacati e anche vari politici hanno rivolto alla Giunta e al Consiglio provinciale per cancellare il vincolo dei dieci anni per questo sostegno. Il criterio dei dieci anni di residenza per accedere all’assegno di natalità trentino è un vincolo basato esclusivamente sulla discriminazione tra italiani e stranieri. La prova arriverebbe dai dati forniti nella mattinata di martedì 29 giugno in Consiglio provinciale a seguito di una domanda d’attualità del consigliere Alessandro Olivi. Stando ai dati forniti dagli uffici provinciali su 3200 bambini e bambine che avrebbero diritto alla misura di sostegno, 140 restano tagliati fuori perché nati da un papà e una mamma residenti da meno di dieci anni in Trentino. Vale a dire appena il 4,4% del totale.

“Sulla base di questi numeri è evidente che il vincolo voluto dalla Giunta Fugatti non porta nessun vantaggio in termini di risparmio di spesa, è solo una misura che discrimina tra bambini nati in Trentino da genitori italiani o stranieri. Riteniamo che questo sia inaccettabile e ci auguriamo che il Consiglio provinciale discuta quanto prima le proposte di legge di modifica di questo assurda regola che rende i bambini diversi fin dalla culla”, commentano Cgil Cisl Uil e Acli del Trentino.

Sindacati e Acli ricordano che la posizione trentina è opposta a quanto deciso dal Parlamento italiano sull’assegno universale per le famiglie, ma anche nelle regioni vicine: Veneto e Friuli Venezia- Giulia, dove il requisito per le misure di sostegno ai nuclei familiari non superano i due anni. “Crediamo sia importante sanare anche in Trentino un provvedimento che è solo ideologico. Una decisione assunta dalla Giunta solo a scopo propagandistico, ma che purtroppo discrimina i più piccoli. E’ sempre più chiaro il fatto che interi settori produttivi, dalle costruzioni ai servizi alla persona passando dal turismo, hanno bisogno di manodopera e spesso questa è di origine straniera. Per questo non è solo giusto ma anche utile integrare i cittadini e le famiglie che vengono da fuori Trentino. Per questo crediamo che il Trentino debba continuare ad essere una terra che riconosce a tutti uguali diritti e uguali doveri. E’ importante per la tenuta della nostra società e per il futuro stesso della nostra comunità: discriminando invece che integrando si creano solo fratture che paghiamo tutti”.

Le quattro realtà, recentemente, hanno lanciato una petizione per invitare Giunta e Consiglio provinciale a cambiare le regole previste per l’accesso all’assegno di natalità. L’appello è stato sottoscritto da rappresentanti delle istituzioni, del mondo culturale, sociale e professionale. Proprio in risposta a questa iniziativa, in Consiglio provinciale è stato depositato un disegno di legge a firma del consigliere Olivi che elimina il vincolo dei 10 anni e semplifica l’assegno di natalità. “Ci pare una proposta di buon senso - ribadiscono Grosselli, Bezzi, Alotti e Oliver -. Confidiamo che l’aula consigliare la discuta e approvi quanto prima”

Il sindaco Ianeselli e il consigliere Rossi hanno firmato

È a favore di questa rivoluzione richiesta dai sindacati il primo cittadino di Trento, Franco Ianeselli. "Dei 1015 bambini nati a Trento nel 2019, 234 sono di origine straniera" scrive il sindaco di Trento, Franco Ianeselli, sulla sua pagina Facebook. "Sono circa il 23 per cento del totale. Riservare l'assegno di natalità provinciale solo a chi è residente in Italia da dieci anni significa dunque escludere dal beneficio una percentuale non piccola delle famiglie della città. Significa penalizzare alcuni bambini per la loro origine. Significa trasformare una misura universale, pensata per aiutare chi ha un reddito "debole", in un provvedimento selettivo, che discrimina in base a fattori geografici irragionevoli (se un requisito di residenza ci deve essere, non può certo avere l'orizzonte temporale dei dieci anni, tanto più in questo tempo in cui sempre più persone si spostano più volte nel corso della loro vita). Quando si decide, giustamente, di investire nell'infanzia non si possono fare distinguo: un bambino è un bambino, a prescindere da altre considerazioni. Non possiamo escluderlo da piccolo, penalizzarlo nella fase più vulnerabile della vita, se vogliamo che da grande si senta parte della nostra comunità. Per questo non posso che dare il mio appoggio alla petizione lanciata per chiedere pari diritti per tutti bambini. È stata promossa dalle Acli e dai sindacati confederali ed è già stata sottoscritta dalla Diocesi, dall'Arci e da tanti cittadini. Io ho firmato, sarebbe bello che firmassimo in tanti".

"Ho sottoscritto subito e con convinzione la petizione “I bambini hanno tutti uguali diritti". Invito tutti a sottoscriverla per chiedere di modificare la normativa vigente in Trentino a causa della quale non viene riconosciuto l'assegno di natalità della Provincia autonoma di Trento a circa 1200 bambini solo perché sono figli di genitori residenti in Italia da meno di dieci anni" afferma il consigliere provinciale Ugo Rossi di Trentino in Azione. Anche lui, come i sindacati trentini e come Ianeselli trova ingiusta la scelta "che ho sempre criticato" ricorda, "anche attraverso la presentazione di emendamenti (regolarmente bocciati) per modificarla. I bambini e le bambine, però, sono tutti uguali". Conclude: "La regola “leghista” vigente in Trentino è profondamente sbagliata, e incostituzionale. Va modificata al piu’ presto".

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