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L'allarme dei panificatori trentini: "Rischiamo la chiusura dei forni"

Russia e Ucraina rappresentano quasi un terzo del commercio mondiale di grano e di tutti i prodotti che ne derivano come il pane e la pasta

I rincari esorbitanti di materie prime ed energia stanno mettendo a dura prova anche la sostenibilità economica dei panificatori trentini. Russia e Ucraina rappresentano quasi un terzo del commercio mondiale di grano e di tutti i prodotti che ne derivano come il pane e la pasta.

Il blocco delle importazioni da Russia, Ucraina e Kazakistan e le recenti decisioni di alcuni Governi quali Ungheria e Moldavia di bloccare tutte le esportazioni di cereali per garantire il fabbisogno nazionale, hanno ridotto le quote disponibili sia di mais che di grano, causando non solo aumenti dei prezzi di acquisto ma il rischio che venga meno la farina per la panificazione. Tenendo conto poi dell’aumento del prezzo dell’energia per l’utilizzo di macchine e forni e delle materie prime, i panificatori trentini si trovano a pagare il doppio o addirittura il triplo.

Solo per fare alcuni esempi, rispetto al 2019 la benzina è aumentata del 40,6%, l’energia elettrica del 479% rispetto al 2016. Il prezzo medio mensile del frumento tenero è passato dai 199 euro a tonnellata del gennaio 2018 ai 387 euro del marzo 2022.

Il settore della panificazione in Trentino dà lavoro a circa 800 addetti, con picchi di mille lavoratori nel periodo turistico. La metà delle aziende, secondo un sondaggio interno realizzato dall’associazione panificatori della provincia (Aspan), ritiene sia necessario aumentare i prezzi del pane.

“Anche se le ragioni degli aumenti hanno origini complesse che riguardano dinamiche geopolitiche internazionali, non è più possibile rimanere in silenzio ed è quindi giusto chiedere alla politica interventi immediati per ridurre gli oneri fiscali e tagliare i costi energetici”, afferma il presidente trentino di Aspan Emanuele Bonafini. In caso contrario, la produzione del pane è a rischio.

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