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Anche a Trento stabilimenti potenzialmente rischio

La mappatura dei pericoli di incidente rilevante si deve all' Ispra. Sono segnalati i siti degli stabilimenti industriali che, in caso di incidenti, si rivelerebbero particolarmente pericolosi

Distillazione, deposito di oli minerali o di gas liquefatti o di esplosivi, produzione di esplosivi, galvanotecnica, acciaierie e impianti metallurgici, stabilimenti chimici o petrolchimici.  Sono questi i settori produttivi dei 10 stabilimenti potenzialmente a rischio nella provincia autonoma di Trento.

Il corposo rapporto è stato elaborato da Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ) in collaborazione con il Ministero dell’ Ambiente e della tutela del territorio e del Mare.

Si tratta degli stabilimenti industriali potenzialmente ad alto rischio, ovvero l’elenco degli edifici produttivi che in caso di incidenti si rivelerebbero particolarmente pericolosi per l’uomo e l’ambiente.

L’avanzare della ricerca chimica nei sistemi industriale sempre più grandi e complessi ha portato con sé, oltre a chiari vantaggi, l’inesorabile problema degli incidenti che non solo coinvolgono i lavoratori dell’impianto, ma anche estese aree di territorio esterne allo stabilimento con conseguenze, altrettanto inesorabili, per l’uomo e l’ambiente.

Uno stabilimento industriale su 9 comuni è a rischio. C’è da dire che questa mappata geografia del rischio va a braccetto con quella dello sviluppo industriale, così che dei 1.142 stabilimenti segnalati come pericolosi oltre il 50% è concentrato al Nord della Penisola, tra Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte.

Quelli di Trento sono: Distillerie fratelli Cipriani spa, Cristoforetti spa, Po trasporti srl, Atesina gas srl, La Galvanica trentina srl, Pravisani spa, Acciaieria Valsugana spa, Gabogas 2 sas, Manica spa, Sandoz industrial Products spa.

I riflettori sul tema hanno iniziato ad accendersi negli anni ’70, con un caso di cronaca nera ambientale. A seguito del gravissimo incidente ecologico che colpì il comune brianzolo di Seveso -per via della fuoriuscita di una nube della pericolosa diossina del tipo TCDD dalla valvola di sicurezza di un reattore dell’azienda ICMESA di Meda- l'Unione Europea decise infatti di adottare norme severissime in materia. È nata così la «direttiva Seveso», che mescola elementi per garantire la sicurezza degli impianti e la tutela di città e abitanti e indicazioni di protezione civile.

Dal 1999 in poi le direttive “Seveso”, furono ampliate ed estese, fino all’ultima modifica approvata nell’estate scorsa e che entrerà in vigore dal 2015, con la quale si definisce come individuare quei siti industriali potenzialmente pericolosi per la comunità. A rendere uno stabilimento industriale uno stabilimento RIR, ovvero a Rischio di Incidente Rilevante, è la presenza nel sito di sostanze, o categorie di sostanze, potenzialmente pericolose, in quantità tali da superare determinate soglie (sostanze tossiche, infiammabili, esplosive, comburenti).

La conoscenza della situazione, ora capillarmente messa nero su bianco dall’Ispra, è il primo, fondamentale passo perché il pericolo eventuale non si trasformi in tragedia. Ora però deve seguire a ruota l’adeguamento delle norme per la sicurezza sul lavoro. “Si deve fare di più in alcuni ambiti – esorta l'ingegner Ricchiuti, curatore del rapporto Ispra -. Mi riferisco ai controlli, allo snellimento di alcune procedure di valutazione fatte dai gestori, alla sperimentazione dei piani d’emergenza esterni. Temi su cui occorre un impegno forte della pubblica amministrazione». Solo così la mappatura del rischio potrà diventare da luttuosa sibilla utile strumento per la prevenzione.

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