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25 aprile, Ugo Rossi: "Trentini senza memoria, a noi il dovere di valorizzarla"

Il 70° Anniversario della Liberazione

Discorso del Presidente della Provincia autonoma di Trento

Sono passati Settanta anni dal 25 aprile 1945, il giorno in cui le principali città del nord Italia vennero liberate dai partigiani. Una giornata speciale, ricca di significati, capace di rappresentare in termini ideali e valoriali la nostra democrazia. È un 25 aprile che non ha bisogno di retorica, ma di una riflessione aperta e profonda su ciò che ci lega a quella stagione di lotte, di impegno, di sacrificio. La nostra autonomia, lo ricorderemo in occasione del prossimo 5 settembre, è uno dei frutti di quella stagione. Senza la sconfitta del nazi-fascismo, non vi sarebbe stato nessun Accordo tra Degasperi e Gruber, nessuno Statuto, nessuna soluzione in grado di garantire la convivenza e la collaborazione tra i gruppi linguistici. Non sarebbe stato possibile il riconoscimento della nostra autonomia senza il contributo di azione e di pensiero di coloro che la rivendicarono nei decenni del fascismo e dell’occupazione nazista.

Ricordo, innanzitutto, le parole del capo della Resistenza trentina Giannantonio Manci che nel febbraio del 1944, ispirandosi al Manifesto europeista di Ventotene, indicò la soluzione federalista e il sistema delle autonomie come condizioni per costruire la pace e per affermare la democrazia: gli Stati uniti d’Europa entro i quali trovasse collocazione, per l’appunto, l’Italia delle autonomie. Questo Settantesimo è anche l’occasione per sintonizzarsi maggiormente con le sensibilità e i punti di vista dei mondi giovanili e studenteschi. Non è il caso che, per la prima volta, a questa cerimonia sia stato invitato il Presidente della Consulta provinciale degli studenti. Dobbiamo predisporci ad ascoltare ed imparare: si sta affermando un nuovo modo di vivere il rapporto tra passato, presente e futuro. Sono domande nuove quelle che emergono, cariche di aspettative.

L’impegno nostro è che il Trentino sia “luogo privilegiato” dove la formazione e la conoscenza della storia divenga componente fondamentale per l’idea di una cittadinanza sempre più attiva ed esigente. Va in questa direzione il Protocollo d’intesa tra la Provincia autonoma e l’ANPI del Trentino (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), che verrà firmato subito dopo questa nostra manifestazione. Questo Settantesimo è anche l’occasione per fare i conti con la nostra storia, per rileggerla, per riconsiderarla alla luce di nuove prospettive, di nuove esigenze. Scrivere la storia è mestiere degli storici. Valorizzarne la portata e il significato a favore della nostra comunità, delle nostre istituzioni, della nostra specifica dimensione regionale è un compito comune. Un impegno che va condiviso perché ha una propria rilevanza strategica. Condivido e sostengo, in questo contesto, la scelta della Fondazione Museo storico del Trentino di promuovere un grande progetto di ricerca e di divulgazione dedicato al decennio 1935-1945, che si sviluppi in collaborazione con le istituzioni culturali e di ricerca del Sudtirolo/Alto Adige e del Land Tirol austriaco. Siamo consapevoli che la storia di quel periodo, così densa e drammatica, abbia alimentato le divisioni e fomentato gli opposti nazionalismi.

E’ inconcepibile che i trentini non conoscano e non riconoscano le Opzioni del 1938/39 e le sofferenze della popolazione sudtirolese. E’ altrettanto grave che non si conosca la storia dell’Austria, il profilo del fascismo austriaco, l’Anschluss del 1938, così come, in Alto Adige come nel Tirolo, non si conoscano gli effetti dell’occupazione nazista in Trentino e le pagine straordinarie della storia della nostra Resistenza. Vi sono tutte le premesse affinché vi sia una comprensione reciproca della storia. Il che non significa una sterile e impossibile “pacificazione della memoria”, ma un coraggioso investimento intellettuale per proporre una storia scritta oltre i confini, oltre le barriere linguistiche e culturali.

Questa esigenza è ancora più evidente se colleghiamo l’anniversario del 1945 a quello del 1915, il Settantesimo al Centenario, la Seconda guerra mondiale con la Prima guerra mondiale. Lo abbiamo ribadito più volte. Abbiamo bisogno di una visione inclusiva, che tenga conto della pluralità delle appartenenze e dei punti di vista. Abbiamo bisogno di una rilettura che permetta di fare i conti con quella che è stata definita la “seconda guerra dei trent’anni”: due guerre mondiali e l’instaurazione di feroci dittature. Conosciamo gli effetti che questo periodo ha avuto sull’Europa intera, la sua pesante eredità. Sappiamo quanto sensibile e delicata sia la nostra vicenda e la nostra collocazione geografica e politica dentro l’Europa. Per questo motivo il 25 aprile ci offre l’occasione per esigere un comportamento rispettoso e non provocatorio.

Non abbiamo bisogno di nuove barricate, di nuove barriere, di nuovi simboli identitari. Non proviamo in alcun modo nostalgia per le vecchie e per le nuove rivendicazioni nazionalistiche. Non vogliamo che la storia e la memoria divengano un campo da calcio dove le opposte tifoserie si offendano reciprocamente. Vogliamo rafforzare l’Europa e gli spazi di collaborazione e di cooperazione. Questa è la nostra vocazione e questo riesce ancora ad indicarci la festa del 25 aprile. Il presidente della Provincia autonoma di Trento 

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