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I lavoratori trentini? Più “poveri” dei cugini di Bolzano

Una differenza di salario pari all’11,7%; solo nei trasporti la situazione si inverte. I sindacati: “Cambiare la politica salariale”

Dai 300 ai 700 euro: è questa la forbice che differenzia i redditi medi del Trentino rispetto all’Alto Adige. È uno dei principali dati che emerge dallo studio “Redditi e rischi nel mercato del lavoro trentino”, condotto dal professor Paolo Barbieri con Filippo Gioachin dell’Università di Trento, con l’analisi che ha considerato le retribuzioni registrate dall’Inps dal 2018 al 2020, con un range di 170mila tra lavoratori e lavoratrici dipendenti dei settori privati, in aggiunta all’osservazione dei dati Istat/Eurostat.

Vediamo i numeri nel concreto. Nel 2018 la retribuzione media annua a Bolzano era di 23.180 euro, in Trentino 20.590, nel Nordest 22.856, mentre la media nazionale era a 21.725. Questo pone la provincia di Trento ad avere redditi da lavoro medio più bassi dell’11,7% rispetto all’Alto Adige, del 9,91% rispetto al Nordest e del 5,22% rispetto alla media nazionale. Il riferimento è al 2018, ma anche nei due anni successivi il trend non è variato.

I settori dove la differenza si fa più marcata? Comparto ricettivo, ristorazione, terzo settore, attività professionali e tecniche. L’unico settore in cui i trentini superano gli altoatesini in fatto di retribuzioni quello dei trasporti. Giovani e donne sono, purtroppo, i soggetti più fragili e che risentono maggiormente di questa situazione; a proposito di giovani, nel rapporto emerge che  in Trentino quelli tra i 20 e i 34 anni hanno un rischio più elevato di avere un contratto precario rispetto all’Alto Adige, al Nordest e all’Austria.

La questione salariale va, quindi, affrontata quanto prima: lo dicono i segretari di Cgil, Cisl e Uil Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti: “Il primo passo dovrebbe essere quello di adeguare tutti i sostegni, a cominciare dall’assegno unico provinciale, all’inflazione, perché gli aiuti non vengano erosi dall’aumento dei prezzi. Per alzare le retribuzioni serve rinnovare nei tempi giusti i contratti e incentivare la contrattazione integrativa. Il pubblico ha una leva importante su cui agire, vale a dire i contributi pubblici alle imprese. Continuiamo a sostenere che devono essere selettivi e andare solo alle aziende che rispettano i contratti delle organizzazioni maggiormente rappresentative e che aprono tavoli per accordi di secondo livello. Se non arriveranno risposte chiare dalla giunta Fugatti su questi punti siamo pronti a mobilitarci”.

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