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Albergatori contro gli "home restaurant": il ristorante senza spese nè tasse

Fenomeno dilagante ancche in Trentino: quote fino a 40 euro per una cena, il tutto comodamente a casa e senza tasse

Perchè andare al ristorante quando il ristorante può venire a casa tua? Il fenomeno  dilaga anche in Trentino. Si chiama "home restaurant" ed è una patica adottata da cuochi "a domicilio", a volte anche di ottima esperienza, che cucinano a casa dei clienti per eventi  particolari. Una pratica che però potrebbe essere considerata concorrenza sleale. 

A salire sulle barricate, così come per il fenomeno Air B'n'B, è  l'Asat, l'associazione degli albergatori trentini. “Si tratta – spiega Gianni Battaiola,  presidente degli albergatori – palesemente di concorrenza sleale a tutti gli imprenditori, alberghi, ristoranti, che fanno la stessa attività. Solamente che questo tipo di imprese sono obbligate a sottostare ad una serie di precisi e rigidi controlli sanitari, di igiene, di sicurezza, normativi. E non scordiamo l’evasione fiscale da parte dei soggetti che pratican l’home restaurant: di certo non inseriscono nella dichiarazione dei redditi i proventi". 

La richieta dell'Asat è rivolta direttamente al Parlamento affinchè la situazione "illegale" degli home restaurant venga normata. “Non si tratta – precisa - di persone che ospitano amici o conoscenti, o che invitano gratuitamente qualcuno che passa per strada. Gli ospiti di questi eventi pagano gli organizzatori con cifre che vanno dai 30 ai 50 euro a persona”. Insomma, un ristorante senza il ristorante, esentasse e senza spese fisse. La risposta di Home Restaurant Hotel al Presidente Battiola dell’Asat

Di seguito la risposta di Home Restaurant Hotel all'intervento di Gianni Battaiola dell’Asat. 

"Premettendo che l’annosa questione sulla legittimità della figura dell’Home Restaurant è, ormai in Italia, motivo di discussione politico, oltre che economico, la circostanza che la figura stessa non sia disciplinata non la rende assolutamente illegale. L’articolo da Voi pubblicato spazia su numerose questioni, in particolar modo sulla concorrenza sleale, l’evasione fiscale e il rispetto delle norme igienico sanitarie. Con riferimento al concetto di ammissibilità nel nostro ordinamento dei c.d. “ristoranti in casa”, è giusto portare all’attenzione della Vs. spett.ma testata online come, in data 30 marzo 2017, sulla questione si sia espresso il Professor Giovanni Pitruzzella, Presidente dell’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato".

"In secondo luogo - prosegue la nota - con riferimento, al concetto di concorrenza sleale, sempre nel medesimo bollettino del 30 marzo 2017, il Presidente Pitruzzella si è espresso in tali termini: “Del tutto ingiustificata appare la conseguente quantificazione normativa del numero massimo di coperti (500 l’anno) che possono essere allestiti e del reddito annuo (5.000 € annui) che l’attività in esame può generare. Tali previsioni si pongono, piuttosto, in palese contrasto, oltre che con i principi di liberalizzazione previsti dal d.lgs. n. 59/2010, che recepisce la direttiva servizi, e dai successivi decreti di liberalizzazione, anche con il dettato costituzionale di libera iniziativa economica e di tutela della concorrenza ...".

"In terzo luogo, l’AGCM, con riferimento al rispetto della normativa igienico sanitaria, ha affrontato il problema, così statuendo: “Eventuali obiettivi di tutela della salute dei fruitori sono comunque sufficientemente garantiti dall’obbligo di rispettare le norme sull’igiene degli alimenti e dagli obblighi di copertura assicurativa.

"In quarto luogo, con riferimento all’evasione fiscale. A oggi non esiste alcuna norma di riferimento per gli Home Restaurant e i cuochi a domicilio. Risulta difficile inquadrare la questione dal punto di vista fiscale. Proprio in ragione di questo presupposto, il nostro intento è quello di raggiungere un accordo con lo Stato-apparato al fine della regolamentazione della materia in questione. Appare evidente, come l’obiettivo di un professionista che opera in tale settore non sia quello di eludere lo Stato, ma quello di ottenere un riconoscimento attraverso una regolamentazione normativa della fattispecie, al fine di poter ottenere una tutela e una posizione giuridica riconosciuta.
In realtà, le dichiarazioni del dott. Gianni Battaiola n.q. di Presidente dell’Asat, riportate nell’articolo pubblicato in data 31 luglio dal Vs spett.le quotidiano online, sono palesemente di parte. Appare ovvio, che ciascuno persegua gli interessi della propria categoria professionale, pur tuttavia, nel caso di specie, il dott. Battaiola non soltanto dimostra di non conoscere la differenza tra un modello economico liberista e un modello economico statalista, ma, soprattutto, dimostra di non conoscere neanche i principi economici sui quali si basa l’iniziativa imprenditoriale italiana. Si resta disponibili a qualsiasi chiarimento in merito alla materia".


 

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