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Artigiani-banche: la nostra inchiesta continua

Qualche mese fa ci eravamo occupati della questione piccole e medie imprese in Trentino. Ora abbiamo cercato di capire cosa si nasconde all'interno del mondo della finanza

Qualche mese fa ci eravamo occupati della questione piccole e medie imprese sul territorio trentino. Da parte degli artigiani c'è stata una vera e propria accusa al sistema, in quanto si sentono schiacciati da due colossi, lo Stato e le banche.

Sempre secondo gli artigiani, le loro imprese dovrebbero essere maggiormente tutelate in quanto sono una risorsa fondamentale per il nostro territorio. Inoltre sono sempre più in aumento i suicidi dei piccoli imprenditori, circa otto al mese, che si vedono negare richieste di finanziamento.

Per “par condicio” avevamo parlato con un dirigente di un importante gruppo bancario nazionale, il quale ci aveva espresso le ragioni del atteggiamento bancario mantenendo però l'anonimato sia sulla sua persona che sul gruppo bancario per il quale lavora.

Abbiamo così cercato di capire, con l'aiuto di un esperto in materia di mercati finanziari, cosa si nasconde all'interno del mondo della finanza.

In principio le banche sono state costruite per custodire i soldi dei cittadini, i quali, per motivi di sicurezza portavano i propri risparmi in questi istituti di credito. Per evitare che il cittadino effettuasse pagamenti con grosse quantità di denaro le banche hanno cominciato ad erogare delle specie di “pezzi di carta” denominati certificati di deposito con sopra riportato un valore economico, come se fossero delle vere e proprie banconote. Il valore iscritto sul certificato era pari alla somma di denaro che la banca custodiva in nome e per conto di qualcun altro. Questi “pezzi di carta” hanno cominciato ad essere utilizzati come banconote. Il problema è cominciato a sorgere quando il valore dei “pezzi di carta” in circolazione era nettamente superiore a quanto posseduto in realtà dalla banca.

In seguito a questo problema alcune banche sono state nazionalizzate, mentre altre privatizzate, nel settore bancario è comunque intervenuto lo Stato a dettare delle regole più o meno stringenti a seconda del Paese.

Il vero problema però è che le banche, oltre a custodire i soldi e ad erogare prestiti, hanno cominciato a sviluppare una vera e propria attività commerciale, vendendo prodotti finanziari sempre più complessi, complicati e rischiosi (derivati, credit defaul swap ecc.).

Altro profilo molto delicato in questi ultimi anni riguarda l’erogazione di prestiti. 
In passato le banche concedevano prestiti che coprivano il 100% del valore del mutuo contratto, con garanzie bassissime.

Mentre ora i prestiti che vengono concessi coprono solamente il 70/80% del valore del mutuo, con garanzie sproporzionate.

L'Italia fa parte dell'Unione Europea la quale, “possiede” una banca, ovvero la BCE (Banca Centrale Europea). Alla BCE è vietato acquistare i titoli pubblici degli stati, tuttavia è stato creato un meccanismo per far sì che l'acquisto avvenga comunque.
La BCE ha prestato miliardi di euro alle banche centrali nazionali, con un tasso d'interesse inferiore all'1%. Questi soldi prestati agli stati europei però non sono stati gestiti e reinvestiti autonomamente dagli stati, bensì pilotati dalla BCE. Mettiamo caso che il valore prestato allo stato x è di 50, di questi 50 43 sono stati (sotto il vincolo della BCE) investiti per comprare i titoli pubblici, mentre dei 7 restanti, buona parte sono stati investiti per finanziare le solite grosse imprese oramai note, mentre una piccolissima parte è stata destinata ai prestiti per le famiglie e aziende bisognose, con tassi d'interesse del 6/7% e contro-garanzie altissime.

Un ulteriore problema per le imprese sorge poiché le banche hanno creato i
cosiddetti CDS (Credit Default Swap), ovvero dei veri e propri titoli per scommettere sul rischio default dei Paesi con un grosso debito pubblico. E' chiaro a tutti che questo sistema di scommessa fa sì che vengano investiti una marea di soldi, di conseguenza lo stato sul quale è stato scommesso il fallimento giunto a un punto nel quale un sacco di investitori hanno scommesso sul fallimento è “costretto” al default.
 

Tutto ciò crea una situazione di instabilità, facendo sì che in Paesi come il nostro, le imprese facciano fatica ad andare avanti e i nuovi imprenditori evitino di investire.


 

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