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Anteprima 2017 Gambero Rosso: ecco le eccellenze trentine

Dieci vini trentini, tra cui un debutto sperimentale e tante conferme. Nonostante le eccellenze il giudizio è tragico: "C'è un potenziale che non è sfruttato, in vent'anni non è cambiato nulla"

Uno per il papa, uno per il  re, il terzo per me: anche quest'anno i famosi "tre bicchieri" della guida Gambero Rosso sono stati assegnati alle eccellenze italiane. Il Trentino figura nella lista con dieci vini, tra cui sette "bollicine", due rossi bordolesi ed un (immancabile) teroldego. La guida fotografa però un mondo vitivinicolo disunito, con diatribe interne, incapace di attuare strategie comuni, un territorio che non sa valorizzare le proprie tipologie: anche quest'anno, per esempio, l'Alto Adige batte il Trentino 27 a 10 in quanto ad etichette presenti nella classifica dei "tre bicchieri".

Una bella (e buona) novità è rappresentata dal debutto in classifica dello spumante a "dosaggio zero" di Maso Martis, l'azienda di Martignano gestita dai coniugi Stelzer. La riserva 2011 ha ottenuto il massimo riconoscimento nella guida 2017. Un vino sperimentale ottenuto senza liquoer d'expedition, la miscela di vino invecchiato e zuccheri normalmente aggiunta nel processo di fermentazione in bottiglia; un "dosaggio zero", appunto, dal gusto "extra-dry". Non si tratta di un vero e proprio debutto: già la riserva 2009 si era guadagnata il riconoscimento dei due bicchieri nel 2015.

Gli altri brut che figureranno nella guida 2017 sono l'Altemasi Graal Riserva 2009 di Cavit, Domini 2010 Abate Nero, Giulio Ferrari Riserva del Fondatore 2005 Ferrari, la riserva 2010 di Letrari, il Tridentum 2009 Cesarini Sforza ed il Rotari Flavio Riserva 2008; tutti già presenti nelle scorse edizioni. 

"È il TrentoDoc a tenere alto il vessillo trentino, con sette eccellenti cuvée che sono sicuramente tra le migliori d’Italia - si legge nella presentazione della guida sul sito del Gambero Rosso - Il TrentoDoc fa la parte del leone, ma in Trentino ci sono molte potenzialità ancora da sviluppare: gli autoctoni bianchi e rossi, i tagli bordolesi, i vini dolci e quelli d'alta quota".

Proprio dai bordolesi arriva la seconda novità: il Fojaneghe Rosso 2012 dell'azienda lagarina Bossi Fedrigotti (Merlot, Cabernet ed una piccola aggiunta di Teroldego) mentre il San Leonardo 2011 si conferma tra le eccellenze che "non si discutono", si legge nella presentazione. L'altro rosso premiato è il Teroldego Rotaliano Pini 2011 di Roberto Zeni: "sui consueti altissimi livelli" per la guida. 

Una selezione che però non rende giustizia al territorio, un territorio che potrebbe fare meglio e che, nonostante decenni di esperienza sia sul versante della produzione che su quello del marketing, non riesce a valorizzare le proprie eccellenze, forse a causa delle tante tipologie, molto diverse tra loro.

A dirlo sono sempre i curatori della guida: "quando, ogni anno, andiamo a tirare le somme del lavoro del comparto vinicolo della provincia di Trento vediamo però che i risultati ottenuti non rendono giustizia, ancora, a questo potenziale - si legge nella nota di presentazione -. Ce ne potrebbero essere molti di più se solo questa terra del vino, tra grandi strutture cooperative e piccoli e piccolissimi vignaioli (divisi al loro interno, tra tradizionalisti e giovani propulsori del biologico e del biodinamico) trovasse la chiave, accanto alle istituzioni, per operare sinergicamente e incidere di più sul mercato italiano e internazionale".

Il giudizio, nonostante le eccellenze nominate sopra, è tragico: si parla di "diatribe interne tra un mercato improntato sui grandi numeri e scelte di coltivazione dei vigneti, non ultima quella riservata al Pinot Grigio Venezie: rese altissime che coinvolgono Trentino, Veneto e Friuli per business sul mercato americano".

Fatto ancora più grave è che la situazione appare immutabile: "In Trentino non mancano risorse economiche e viticole per far crescere la provincia tutta insieme e porla finalmente nella posizione che merita. È un peccato...". Sono parole che risalgono alla guida Gambero Rosso del 1996. "Dopo vent'anni - conclude la  nota - le considerazioni sono quasi le stesse". E' proprio un peccato...

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