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Cronaca Centro storico / Via Ezio Maccani

Sgombero all'ex Sloi: "Egemonia del linguaggio degli strumenti repressivi"

"Le pur pacate parole del questore hanno svelato ancora una volta la durezza di una cultura e di una politica della sicurezza urbana che pure a Trento, da tempo, individua i nemici della sicurezza persino nei disperati dell'accattonaggio"

Pubblichiamo questo intervento di Antonio Rapanà, operatore del centro Astalli per i rifugiati politici e tra i pochi presenti all'operazione di sgombero del 15 maggio presso l'area ex Sloi. 

Mente osservavo il gruppo dei rom portati a raccolta dagli operatori sociali del Comune e dagli operatori di polizia in un angolo dell’inferno dell’ex Sloi, non riuscivo a cancellare il senso di una contraddizione inquietante… le persone erano tranquille, parlavano serenamente tra loro e con gli operatori del servizio sociale, a testimonianza di un rapporto di fiducia costruito con un lavoro costante e paziente. Ed anche gli operatori di polizia tenevano un comportamento corretto, quasi comprensivo, verso persone la cui «pericolosità sociale» in fondo si riduce all’accattonaggio. Ma che bisogno c’era dell’intervento delle forze di polizia in un’azione di prevenzione sanitaria?

La risposta l’ha fornita in varie interviste il questore: l’azione di prevenzione sanitaria, che mai prevede la mobilitazione delle forze dell’ordine, era in realtà il pretesto per mascherare l’ennesima operazione di controllo del territorio - certamente concordata con le autorità di governo della città - con accompagnamento ed accertamenti  in questura  da concludere con l’adozione  di provvedimenti di allontanamento.

Le pur pacate parole del questore hanno svelato ancora una volta la durezza di una cultura  e di una politica della sicurezza urbana che pure a Trento, da tempo, individua i nemici della sicurezza persino nei disperati dell’accattonaggio, che riconduce indistintamente ogni forma di presenza “fastidiosa” a questione di ordine pubblico, che  assume a normalità indiscussa l’egemonia del linguaggio degli strumenti repressivi e penali. Pare ormai inevitabile che questa cultura e questa politica costituiscano sbrigativamente l’asse portante della strategia per una città sicura.

Riflettendo sulle parole del questore rafforzavo la mia convinzione  che, se è vero che non ci sono risposte semplici né soluzioni certe alla domanda di sicurezza che viene dalla comunità, proprio per questo la strategia per la città sicura - che «si-cura» - deve essere finalmente riportata al centro di uno spazio pubblico di analisi e di discussione collettiva che non si arrenda alle facili e fallimentari suggestioni del pensiero unico che riduce la questione complessa della sicurezza urbana a mero problema di ordine pubblico.

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