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Cronaca San Giuseppe / Via Cristoforo Madruzzo

Tre portoni: l'ingresso al viale che non c'è più, spezzato dalla ferrovia

Un portale "sul nulla" nel bel mezzo di una delle vie più trafficate del centro storico, a quasi un chilometro di distanza un palazzo del '400 che ha poi dato il nome ad un quartiere ultramoderno, ancora in gran parte disabitato. Tra i due manufatti architettonici, un tempo collegati, oggi ci sono un cimitero ed una ferrovia

Cosa ci fa un portale di pietra, che apparentemente non porta da nessuna parte, proprio in mezzo a via Santa Croce? Sembra l'ingresso di una chiesa... o forse di un palazzo? I motivi ornamentali ricordano quelli presenti sui cornicioni del Palazzo delle Albere, che però è da tutt'altra parte. E, soprattutto, cosa significano quelle strane sagome luminose che sembrano indicare proprio il passaggio sotto il portale?

Tanti non ci fanno caso, pochi se lo chiedono e forse, come si dice in questi casi, non tutti sanno che... il portale di via Santa Croce, o meglio i "Tre portoni" che si trovano di fronte alla libreria Artigianelli e a fianco dell'omonimo bar erano un tempo la "porta" del viale che conduceva, dritto come un fuso, al palazzo delle Albere, residenza estiva dei principi vescovi nel XV secolo.

Le due "entità", palazzo e portone, sono rimaste separate per secoli salvo essere nuovamente associate in tempi recenti: accanto al palazzo è infatti sorto l'ultramoderno quartiere delle Albere e l'attuale via Madruzzo, che corre lungo il tracciato di quello che un tempo fu il viale alberato, dovrebbe diventare, almeno nelle intenzioni del Comune, il nuovo collegamento pedolane tra il centro ed il quartiere decentrato. Ecco spiegate le tre figure luminose (sono degli elefanti!), montate insieme alle luminare natalizie qualche anno fa e poi lasciate stabilmente, che indicano la via del Muse attraverso il portale.

Tra il portale ed il palazzo c'è però un elemento estraneo: è il cimitero cittadino, edificato a partire dal 1823, su incarico del governo cittadino, dall'ingegnere Giuseppe Pietro Dal Bosco il quale però sognava di trasformare l'area del Palazzo delle Albere nei "Campi elisi di Trento". Giardini alla romana, boschi, ruscelletti, un anfiteatro in terrapieno e perfino un locale pubblico all'interno del palazzo, adibito a casa colonica dopo l'incendio del 1796, con una trattoria, bagni pubblici e perfino un salone per le feste. Trento non si smentisce mai: la precedenza venne data al riposo (eterno) dei concittadini (defunti) e l'unica parte del progetto effettivamente realizzata fu quella del cimitero, che ancora oggi può definirsi "monumentale".

Nel 1824 Dal Bosco tratta l'acquisto dei terreni per ampliare il camposanto e cingerlo di mura dove le famiglie avrebbero potuto erigere tombe private a loro spese. Il nuovo cimitero viene inaugurato nel 1827 e già alcuni anni più tardi è ritenuto insufficiente alle esigenze della città. Nel frattempo l'antico viale delle Albere viene utilizzato come accesso all'area cimiteriale ed è facile immaginare che nessuno volesse poi allungare la passeggiata verso il palazzo quattrocentesco, che venne così lasciato al suo destino.

La separazione definitiva avviene con l'inaugurazione della ferrovia nel 1858. Un solco si interpone tra il palazzo e la città, una linea su cui, ancora oggi, corre il treno. In tempi recentissimi (una decina di anni fa) in vista del nuovo quartiere dell'archistar Renzo Piano si parlò pure di spostare la ferrovia e di realizzare un boulevard (gli "Champs elysee" di Dal Bosco?) che collegasse l'area alla città ma questa è un'altra storia. Non si può passare sopra alla storia, così come alla ferrovia, e adesso si pensa quindi a come passarci sotto. (foto sotto: i "Tre portoni" ad inizio secolo, cartolina stampata a Trento, proprietà Biblioteca Comunale di Trento TIC511-0106)

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