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Cronaca

Stella tolta per povertà: due esposti sull’ex assistente sociale

Stella tolta per povertà: due esposti sull’ex assistente sociale. A seguito del recente decreto, i genitori e la sorella di Stella hanno presentato due nuovi esposti all’Ordine

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di TrentoToday

Trento. La famiglia di Stella ha presentato due nuovi esposti sull'assistente sociale di una valle trentina che, con una motivazione originale, aveva tolto Stella agli affetti familiari: i genitori, troppo presi dai loro problemi economici, avrebbero trascurato la figlia. La prova inconfutabile di ciò - la pistola fumante - era che la bimba stringeva facilmente amicizia con chiunque; un chiaro indizio di abuso genitoriale, almeno secondo la dotta opinione dell'aspirante Freud. Il Tribunale ha deciso di revocare definitivamente l'inserimento etero-familiare di Stella, disponendo di riportarla in a casa, come annunciato ieri dal loro legale Francesco Miraglia, e i genitori hanno deciso di denunciare nuovamente questa operatrice sulla base delle nuove informazioni raccolte dal Consulente Tecnico d'Ufficio. La mamma di Stella ha dichiarato: «Stella da piccola era una bambina serena e felice. Ci siamo rivolti ai servizi sociali per essere aiutati in un periodo di gravi difficoltà economiche. L'assistente sociale ha scritto e ripetuto più volte che non eravamo genitori idonei perché "eravamo troppo presi dai nostri problemi personali per occuparci di lei". Oggi il Tribunale ha confermato il collocamento in famiglia pur riconoscendo le difficoltà che Stella manifesta dopo 9 anni di "cattività" lontano dai suoi affetti. Con il nuovo servizio sociale ci siamo trovati meglio, anche se permane una certa diffidenza a causa dei trascorsi passati con quella persona. Quello che ci preoccupa è che quell'operatrice continua a lavorare con i bambini e le famiglie. Riteniamo che l'Ordine degli Assistenti Sociali dovrebbe esaminare in modo più approfondito la sua posizione.» Anche la sorella di Stella, ora maggiorenne, ha deciso di presentare un esposto separato: «L'assistente sociale ci ha sempre detto che i nostri genitori non ci volevano perché preferivano lavorare e non pensare a noi, che loro non erano in grado di poterci tenere e che lei doveva provvedere per noi, e l'unico modo con il quale riusciva a provvedere è averci tolto dalla nostra famiglia e metterci in questa comunità. Noi ogni volta le chiedevamo di poter tornare a casa, ma lei rispondeva che questo non era possibile perché i nostri genitori preferivano il lavoro a noi, che a loro non interessava di noi, ed è per questo che ci trovavamo in questa comunità. L'assistente sociale ci ha portato al punto di odiare i nostri genitori, perché con la sua voce talmente melliflua ci aveva portato alla convinzione che per i nostri genitori noi non eravamo importanti. E da lì sono iniziati i miei 10 anni in comunità. Poi ho scoperto che non era vero niente all'età di 14 anni. La vicenda di Stella divenne di dominio pubblico due anni fa, quando fu collocata in una struttura a più di 300 chilometri di distanza. Aveva registrato di nascosto l'assistente sociale mentre denigrava apertamente i genitori, chiamandoli persino bugiardi, per convincerla, fino al punto di farla piangere, ad andare in una famiglia affidataria nonostante le sue insistenze per tornare a casa. Il tutto registrato e consegnato al Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani e al dirigente dei servizi sociali. Ora, dopo la sua fuga dalla comunità, e due anni di vita in famiglia e di accertamenti e valutazioni, il Tribunale ha finalmente deciso di riportarla a casa dei genitori, con l'assistenza del nuovo servizio sociale. Paolo Roat, Responsabile Nazionale Tutela Minori del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, ci tiene a precisare: «In realtà Stella, come molti altri bambini in Italia, è stata tolta per povertà. Il giudice Paolo Sceusa ha affermato giustamente che un provvedimento di allontanamento non viene mai motivato con lo stato d'indigenza dei genitori. Questo dovrebbe essere vero, ma alcuni psichiatri e psicologi, e in certi casi persino alcuni assistenti sociali, scambiano i problemi economici con disturbi psicologi giustificando, secondo alcune teorie mai dimostrate, l'allontanamento del minore dagli affetti familiari. A rendere la cosa ancor più grottesca è il costo di alcune di queste case-famiglia - spesso di svariate migliaia di euro al mese - quando ai genitori basterebbe un aiuto di poche centinaia di euro per uscire dallo stato d'indigenza." Aggiunge Roat: "Secondo noi, l'allontanamento di un minore dalla sua famiglia dovrebbe essere attuabile solo per motivi gravi e accertati - dimostrati, cioè, da riscontri oggettivi. Invece, il fumoso concetto di "incapacità genitoriale" è spesso basato su diagnosi psicologiche (per loro stessa natura, soggettive e opinabili) o da problemi economici. I giudici minorili dovrebbero riaffermare il loro ruolo di Perito tra i Periti, respingendo queste pseudo diagnosi quando siano così palesemente soggettive e contrarie al buon senso." Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus

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