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Sordità, la scoperta al CIMeC di Trento: il cervello impara ad "ascoltare" i volti

Uno studio del Centro Mente Cerello dell'Unità di Trento rivela come il cervello, nelle persone sorde dalla nascita, sia in grado di riorganizzare le aree deputate alla percezione

Nelle persone sorde dalla nascita il cervello si "riorganizza": aree deputate alla percezione della voce umana vengono utilizzate per il riconoscimento dei volti. Lo studio è stato condotto dal CIMeC, il Centro di ricerca dell'Università di Trento, ed i risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista scientifica PNAS. Voce e volto sarebbero quindi percepiti attraverso meccanismi comuni, e nel caso di un deficit uditivo l'uno sostituirebbe l'altra. Un risultato che dimostra ulteriormente la plasticità del cervello umano, ovvero la capacità di riorganizzare le aree cerebrali deputate alle varie  funnzioni cognitive. 

«Se da una parte gli studi neuroscientifici hanno evidenziato la straordinaria abilità del cervello umano di adattarsi alle esperienze nel corso della vita, dall’altra rimaneva da chiarire quanto tale abilità avvenisse entro i limiti definiti dall’informazione genetica - commenta Olivier Collignon, responsabile del progetto, membro del CIMeC e professore presso la Université Catholique de Louvain (Belgio) - Quello che accade nelle persone sorde è una delle dimostrazioni più evidenti che questa plasticità del cervello può essere vincolata da specializzazioni determinate geneticamente, in accordo con quanto è stato dimostrato anche nelle persone cieche».

Finora questa plasticità era però ritenuta un ostacolo per il recupero dell'udito poichè si pensava che le aree uditive, una volta adattate alla percezione visiva, non sarebberp più potute tornare alla funzione primaria. «Nella pratica riabilitativa e clinica – chiarisce Francesco Pavani, sempre del CiMeC, coautore dello studio – ciò si è tradotto nella raccomandazione di potenziare il canale uditivo (la voce) e mascherare quello visivo (i movimenti delle labbra e le espressioni facciali) durante la riabilitazione delle persone con impianto cocleare. I risultati del nostro studio introducono in qualche modo una sfida a questa raccomandazione. Sottolineano invece che questi canali sensoriali, che sono fortemente integrati già nelle fasi precoci dello sviluppo cerebrale, potrebbero invece essere sfruttati durante le pratiche riabilitative per potenziare l’analisi del linguaggio orale tramite informazioni visive».

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