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Cronaca Arco

Prende il coronavirus a Villa Eremo e muore. Il figlio: "Non ci hanno detto del focolaio"

La signora - Maria Sara Dalla Vecchia - tranne che per un femore rotto, era in salute. Ha contratto il virus nella struttura di Arco

Ricoverata alla Villa Eremo di Arco per fare riabilitazione dopo che si era rotta un femore, è morta di coronavirus nel giro di qualche settimana senza mai poter rivedere i suoi cari. È la storia di Maria Sara Dalla Vecchia, una signora veronese di 79 anni che prima di accedere alla struttura trentina non aveva nessuna patologia grave.

Il figlio: "Vorrei fare luce su quanto accaduto"

Lo scorso due marzo il figlio l'aveva accompagnata nella clinica, considerata di prim'ordine, perché seguisse, a pagamento, un percorso di riabilitazione di due-tre settimane dopo l'incidente casalingo in cui si era rotta la testa del femore. "Mentre facevamo l'accettazione - racconta il figlio a TrentoToday - ci hanno detto che non potevamo salire e le visite erano del tutto sospese, in via precauzionale, per il coronavirus. Mia madre si era messa a piangere. E io sul momento l'ho consolata, ma non sapevo che non l'avrei mai più rivista".

La signora avrebbe dovuto fare una ventina di giorni di riabilitazione per poi tornare a casa. Ma purtroppo le cose sono andate in modo molto diverso. "Il Covid - riflette il figlio - l'ha disintegrata, polverizzata.  La cosa che più mi ha colpito di questa esperienza è l'impossibilità di sapere cosa realmente sia accaduto, per questo cerco persone, parenti, amici che abbiano avuto esperienze simili a Villa Eremo, di qualsiasi provincia. Molti da Verona e provincia si recano in tale struttura, ma anche dall'alto Garda, da Trento, Brescia, Bergamo, Vicenza".

"Nessuno ci ha mai informato del focolaio"

"Il 12 marzo - continua l'uomo - l'assessore provinciale alla Salute, Stefania Segnana dichiarava che nelle Rsa trentine c'era una situazione di emergenza. Questo vuol dire che nelle cliniche la cosa era già conclamata da giorni. E a Villa Eremo non avrebbero dovuto accettare nuovi ospiti". Nessuno però avrebbe avvisato la famiglia della signora del rischio di contrarre il virus che le è poi risultato fatale. "Io ho scoperto che nella struttura c'era un focolaio Covid, con 11 pazienti e 8 operatori contagiati - ricorda il figlio - solo per caso leggendo i giornali locali".

Il coronavirus non ha risparmiato nemmeno la signora che dopo un tampone effettuato a metà marzo è risultata positiva. "Per tre settimane, sempre senza poter rivedere nessuno di noi - prosegue il figlio - è rimasta all'Eremo, poi è stata trasferita all'ospedale di Arco. Durante il trasporto è stato anche perso il suo cellulare, perciò ha avuto difficoltà anche soltanto a contattarci telefonicamente. E fino alla fine è rimasta cosciente. Siamo riusciti a fare due video-chiamate con lei. Poi non ce l'ha più fatta".

"Dal 29 febbraio - mette in luce l'uomo - Villa Eremo aveva sospeso le visite. Mia madre è stata presa in carico il 2 marzo. Questo dimostra come la situazione sia stata sottovalutata, mettendo a repentaglio la vita di tutti gli ospiti della struttura e dei nuovi pazienti. Noi non vogliamo mettere in cattiva luce la struttura, ma appurare la verità. La nostra non è una storia speciale, ma racconta della solitudine che le persone morte di coronavirus sono costrette a vivere. Racconta di chi, come noi, non ha potuto vedere soffrire e morire i propri cari, né seppellirli. Vorrei che mia mamma non fosse solo polvere".

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