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Cronaca

"Mongoloide" a chi? Lettera di Gian Piero Robbi

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di TrentoToday

Non potevo tirarmi indietro dal commentare lo sgradevole episodio riportato dalla stampa locale, ovvero l'incredibile storia di quella mamma che si è vista citare in giudizio per lesioni gravi e ingiurie, sole perché "aveva chiesto" un po' di spazio per passare con la sua bimba disabile.

Ennesimo gesto figlio di una società "malata", una società sempre più schiava del Dio denaro, visto e considerato che si cerca qualsiasi mezzo per racimolare qualche spiccio, sempre e soltanto a scapito delle categorie più deboli, in questo caso i disabili.

C'è un termine che, più di tanti altri, ha in sé il disprezzo nei confronti dei disabili: "mongoloide". Una parolaccia fastidiosa, simbolo dell'arretratezza culturale della società nei confronti della disabilità, volgare epiteto che andrebbe punito con un ceffone.

Eppure, a Trento è accaduto che una madre di una figlia con handicap sia stata denunciata perché ha sgridato la ragazza che ha detto "mongoloide" alla propria figlia.

Il fatto è stato raccontato domenica scorsa sulla stampa locale e, in estrema sintesi, una donna è stata denunciata dalla famiglia della ragazza che ha insultato la disabile per lesioni gravi e ingiurie, in quanto contro di lei si è scagliata con veemenza anche la sorella maggiore della bambina costretta a stare su una sedia a rotelle, causandole un dente scheggiato.

Insomma, ecco servito il paradosso dell'indecenza intellettuale: anziché i genitori punire la propria figlia per avere offeso in maniera volgare una bambina disabile, hanno preferito prendersela con la madre, accorsa in aiuto.

C'era un tempo, infatti, in cui una madre e una padre, una volta appresa un'azione sbagliata commessa dal proprio figlio, reagivano contro di esso, per educarlo nel rispetto del prossimo, specie dei più indifesi.

Oggi, invece, molti genitori tendono a difendere il proprio figlio indipendentemente dal motivo che lo ha portato a mettersi nei guai.

E ne deriva una lezione preoccupante che riguarda l'intera comunità: perché denunciare la madre della bambina disabile offesa significa giustificare l'insulto e azzerare così il sistema dei valori che dovrebbe essere alla base del quieto vivere.

Se, infatti, protagonista della faccenda fosse stato uno dei miei figli, altro che denuncia alla madre, "gli avrei dato il resto", come si usa dire al Sud, in nome dell'educazione e del rispetto di chi sta peggio di noi, soprattutto incapaci di difendersi da soli.

Adesso bisogna sperare sul buon senso del giudice che dovrà decidere se ci siano o meno gli estremi del reato contestato dai legali dei genitori della ragazza che ha dato della "mongoloide" alla bambina disabile.

Perché sarebbe assurdo che la giustizia italiana si possa permettere di colpevolizzare una madre per avere difeso la dignità della propria figlia.

Gian Piero Robbi

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