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L'intervista esclusiva

Roberta Bruzzone: “Le morti di Mara e Iris si potevano evitare”

La criminologa fa il punto sugli omicidi di Noriglio e Rovereto. E dà un consiglio al Comitato per la sicurezza

L’omicidio di Mara Fait a Noriglio e quello di Iris Setti a Rovereto: due uccisioni diverse eppure con un potenziale filo rosso ad unirle. Un filo rosso che affonda le sue radici nella mente degli assassini, Ilir Shehi Zyba da un lato e Nweke Chukwuka dall’altro, e del quale abbiamo parlato con la dottoressa Roberta Bruzzone, criminologa e psicologa forense di rinomata fama, nonché presidente onorario de La Caramella Buona, onlus che si occupa di prevenzione e repressione della pedofilia e dei reati commessi dai sex offender.

Dottoressa Bruzzone: Mara Fait e Iris Setti, due casi diversi. Eppure…

“Eppure con degli aspetti che, astrattamente, li accomunano. Per il caso Fait era stata manifestata una propensione violenta, forse andava intercettata con maggiore attenzione sotto questo aspetto; le dinamiche condominiali che hanno portato a delle criticità anche tragiche hanno avuto una crescita esponenziale negli ultimi cinque anni. Per il caso Setti, abbiamo un soggetto aggressivo, una mina vagante, con problematiche psichiatriche gravi; non era difficile prevedere uno scenario di questo tipo. Due omicidi diversi, ma che ci testimoniano come sottovalutare il rancore da un lato, la pericolosità di un soggetto dall’altro, sia un rischio”.

Si parla di blackout alla base delle uccisioni nei due casi di Rovereto.

“No. Il blackout è una posizione che si prende a posteriori, nessun omicidio avviene in un buio della mente. Nel primo caso c’è il rancore, nel secondo l’aggressione, la violenza. Non c’è alcun raptus”.

Due casi diversi che accadono a pochi giorni di distanza nella stessa cittadina, Rovereto, che effetto possono avere sulla popolazione?

“Un effetto molto preoccupante. Mi aspetto delle reazioni ansiose, ma attenzione anche al pericolo che chi ha una problematica psicologica o sia esasperato da dinamiche di rancore, magari coi vicini di casa, possa arrivare a prendere spunto da questi casi. La paura non è mai una buona consigliera, disagio in giro ce n’è. Chi poteva tollerare un certo tipo di situazione in passato, davanti a questi casi rischia di diventare una bomba a orologeria”.

Si potevano evitare queste morti?

“Secondo me sì. Come tutti gli omicidi che hanno dei pregressi, delle liti, delle minacce o degli scenari che lasciano presagire qualcosa di pericoloso. Nell’ultimo caso la dinamica psicologica è primaria, anche perché parliamo di un soggetto pericoloso. Perché era a piede libero e non in un Rems (Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza, ndr)?”.

Si sta per riunire il Comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza: se lei potesse parteciparvi, cosa consiglierebbe di fare?

“Riprendere in mano tutte le azioni di coloro che hanno manifestato squilibri, scoprire dove sono e se sono stati presi in carico. Lo stesso lavoro va fatto per chi ha all’attivo situazioni di forti tensioni, soprattutto se condominiali o tra vicini di casa”.

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