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Cronaca

"E' normale che i giovani vadano all'estero, ma è un dramma per l'Università"

L'analisi del professore Paolo Collini, Prorettore dell'ateneo trentino: "Non c'è nulla di male se uno studente di venezia guarda a Rotterdam come mercato del lavoro. Molti di loro non hanno nessun desiderio di tornare..."

"E' normale che un ricercatore non inizi la sua carriera con un contratto a tempo indeterminato perchè ci vuole tempo per vedere se le persone sono capaci, non è normale invece quello che succede in Italia dopo i primi anni: spesso è preclusa all'Università la possiblità di offrire, anche ai migliori, l'opportunità di restare". E' un'analisi molto schietta quella fatta dal Prorettore di Trento Paolo Collini pubblicata dal sito Controcampus, riguardo ai punti deboli del sistema dell'università e della ricerca italiano e dei rapporti tra l'istituzione universitaria ed il mercato del lavoro, sempre più precario anche per chi ha un alto livello di istruzione.

"Il primo problema dell'Università italiana è la mancanza di selezione naturale" ha detto il professore trentino "le università, buone o cattive che siano, continuano ad esistere e non c'è nessun meccanismo che favorisca una università migliore che nel tempo sostituisca le peggiori e questo incide anche sulle dimensioni: siamo tutti, o quasi, troppo piccoli per competere nel mondo. Siamo una specie non selezionata e quindi il livello medio è inferiore a quello di altri paesi, anche a parità di risorse".

Una situazione da cui l'Università di Trento è forse immune anche se, prosegue, "pur godendo di una speciale autonomia dobbiamo in parte adeguarci alle norme nazionali e questo ci impoverisce perchè molto spesso ci impedisce di fare quello che all'estero si può fare. Avere troppi divieti certamente evita gli abusi ma impedisce anche l'eccellenza".

In un contesto come questo è perfettamente comprensibile quindi che i giovani volgano lo sguardo verso altri Paesi, allettati da opportunità e gratificazioni non da ultimo economiche. "Perchè un dottorando di Venezia non dovrebbe andare a Rotterdam? Direi che non c'è nulla di male" così chiosa il pro-rettore "Stipendi e condizioni di vita sono spesso migliori e, infatti, molti di loro non hanno nessun desiderio di tornare in Italia".

Una constatazione forse un po' amara da parte di un docente universitario che ha insegnato ad almeno una generazione di studenti presso l'ateneo trentino. La sua preoccupazione non riguarda tanto gli studenti quanto il patrimonio umano e culturale delle università che essi frequentano per poi "fuggire" verso altri lidi: "questo è un dramma per le nostre università, destinate ad impoverirsi, ed anche per il nostro Paese. Ma questa, come si sa, è una voce che si leva nel deserto senza che nessuno la ascolti".  

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