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Cronaca Pinzolo

L'aquila reale ferita è tornata a volare sui monti di Campiglio

La liberazione è avvenuta all'interno dell'area protetta, in zona Cinque Laghi sui monti di Madonna di Campiglio, poco distante dal luogo in cui era stata trovata

Dopo due mesi di cure e riabilitazione è tornata in natura l'aquila reale curata al Centro Recupero Avifauna selvatica di Trento. Ha nuovamente spiccato il volo questa mattina, lasciandosi alle spalle le gravi difficoltà in cui era stata trovata la sera del 12 gennaio scorso da due operatori del Parco Naturale Adamello Brenta. La liberazione è avvenuta all'interno dell’area protetta, in zona Cinque Laghi sui monti di Madonna di Campiglio, poco distante dal luogo in cui era stata trovata. Aperta la gabbia l'animale ha guadagnato in pochi secondi la libertà ed è scomparso con pochi colpi d'ala fra le cime. Alle varie fasi della liberazione hanno contribuito in un'efficace sinergia alcuni attori istituzionali e privati: la Provincia autonoma di Trento attraverso il Servizio Foreste e Fauna - Ufficio Faunistico, il Parco Naturale Adamello Brenta e la Lipu (Lega Italiana Protezione Uccelli), che ha in gestione il Centro Recupero Fauna Selvatica di Trento. 

"Quest'ultima esperienza di recupero, cura e liberazione di un'aquila è un importante avvenimento" ha commentato Gabriella Rivaben, responsabile dell'Ufficio Faunistico provinciale che ha assistito alla liberazione, "perché si tratta di un individuo appartenente a una specie che, dopo una lunga persecuzione e grazie alla tutela giuridica, è tornato ad occupare il posto di vertice della catena alimentare e che proprio per questa sua posizione riveste un ruolo di primaria importanza nell'ecosistema montano". 

Ogni fase è stata caratterizzata da senso di responsabilità, da professionalità e dal dovuto riserbo, motivato dalla speranza che l'operazione avesse il successo che merita, vale a dire il ritorno in libertà e la sopravvivenza di un esemplare di aquila reale, per la quale è stata scelta una zona il più possibile vicina al luogo del ritrovamento e sufficientemente lontana dalle aree antropizzate. Alla liberazione hanno contribuito attori privati e istituzionali, fra cui l'Ufficio Faunistico provinciale, che fa parte del Servizio Foreste e Fauna e che si occupa, dal punto di vista tecnico-amministrativo, della gestione della fauna selvatica e della fauna ittica, con gli obiettivi di protezione, conservazione e miglioramento della diverse componenti faunistiche.

La vicenda di questo recupero è cominciata lo scorso gennaio, grazie alle operazioni di soccorso che due operatori del Pnab, il guardiparco Michele Zeni e l’educatrice ambientale Laura Nave, avevano effettuato dopo la segnalazione di un'accorta escursionista, Rosa Collini di Pinzolo, che aveva indicato al Parco la presenza del rapace in difficoltà. L’esemplare, subadulto, femmina, era incapace di volare e deambulava lentamente sul terreno. Una volta messa nelle condizioni di poter essere trasportata, l’aquila era stata portata velocemente a valle e consegnata direttamente al responsabile della sezione di Trento della Lipu, Sergio Merz. Una squadra formata da operatori e professionisti in questi due mesi si è presa cura dell’animale presso il Centro Recupero Avifauna Selvatica della Provincia autonoma di Trento, collaborando con il Servizio Foreste e Fauna provinciale e con il Centro Ricerca e Innovazione della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige. Un ornitologo del Muse, Osvaldo Negra, ha inanellato l'aquila per un futuro riconoscimento.

Dopo un primo attento check up, all’aquila era stata diagnosticata un'infezione batterica al quarto dito, l’opposto, della zampa sinistra, che le aveva causato un indebolimento tale da non permetterle più di alzarsi in volo. Da predatrice sarebbe probabilmente diventata preda di altri animali o comunque destinata alla morte per stenti. Denutrita e molto debilitata, l’aquila è stata sottoposta ad una lunga terapia antibiotica e ad un intervento di amputazione parziale del dito, che le hanno permesso di conservare almeno una parte dell’arto, sufficiente per mantenersi in equilibrio e afferrare le prede, in mondo da garantirsi la sopravvivenza in natura. In questi ultimi giorni, infine, era stata introdotta nel tunnel di volo per la riabilitazione completa di tutte le attività motorie, fino al recupero dello stato di salute adeguato al ritorno in libertà. Le operazioni di rilascio si sono svolte nel pieno rispetto dell’animale con un esito positivo che ha siglato il successo della sinergia tra servizio pubblico e volontariato.

"La popolazione di aquile reali che gravita nel Parco Naturale Adamello Brenta, ferma da anni intorno alle 18 coppie riproduttive, ha evitato di perdere un esemplare di una specie fondamentale per l’intero ecosistema, oltre che, non c’è dubbio, di grande fascino" ha ricordato Michele Zeni del Pnab, "Si tratta di una storia che mette in luce soprattutto l’importanza delle segnalazioni spontanee dei frequentatori dell’ambiente naturale" ha proseguito, "per favorire l’efficienza del sistema italiano di conservazione della fauna selvatica che è un bene dell’intera collettività". Tutto questo è stato possibile anche grazie all'organizzazione che la Provincia ha messo in campo, con la creazione del Centro recupero avifauna selvatica di San Rocco (Trento) e attraverso un'attività strutturata che ha consentito fino ad oggi numerosi interventi simili.

Il Centro Recupero Avifauna Selvatica di Trento, inserito nel parco “Bosco della città” è stato istituito nel 2004 dalla Provincia Autonoma di Trento ed affidato alla gestione della Lipu. Ogni anno vengono ricoverate e curate nel centro diverse centinaia di uccelli selvatici in difficoltà. È composto da 7 voliere, 2 tunnel di volo, una sala degenza, una sala specifica per l’alimentazione dei nidiacei e un’area didattica.

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