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Valeria Valentin, la suora che ha sfidato la dittatura di Pinochet in Cile

La sua storia è stata raccontata da Paolo Tessadri, autore del docufilm "La salvatrice", dedicato all'altoatesina che ha strappato dalla morte centinaia di persone, in collaborazione con la Fondazione museo storico del Trentino

Valeria Valentin ha sempre avuto chiaro che cosa fare della sua vita: aiutare gli altri, gli emarginati, i più poveri. Ha dedicato tutta se stessa al servizio del prossimo. Per questo aveva studiato filosofia in Irlanda e poi era entrata nell'ordine di San Giuseppe, diventando suora. Ma lei, nata nel 1937 in Badia, in Alto Adige, è riuscita a fare qualcosa di più grande. Non si è accontentata di vivere al fianco degli ultimi del mondo: nel 1969 si è trasferita nelle bidonville della città che oggi prende il nome di Pudahuel, in Cile, e nel 1973 ha organizzato una rete clandestina per sfidare il regime fascista di Augusto Pinochet Ugarte, salvando almeno seicento persone da una dittatura passata alla storia per la sua inaudita ferocia.

La storia di suor Valeria diventa un docufilm

La sua storia è stata raccontata da Paolo Tessadri, autore di "La salvatrice", il docufilm dedicato all'italiana che ha strappato dalla morte centinaia di persone, che esce proprio nel cinquantesimo anniversario del golpe militare con cui Pinochet ha rovesciato il governo eletto democraticamente e presieduto da Salvador Allende. Era l'11 settembre 1973. La violenza con cui Pinochet ha represso il dissenso in Cile ha provocato ufficialmente 3.400 morti e 30mila persone torturate. Ma sarebbero potute essere di più se non si fosse messa di traverso una donna: Valeria Valentin, la suora che ha avuto il coraggio di sfidare la dittatura di Pinochet in Cile.

Paolo Tessadri

Nel docufilm, in collaborazione con la Fondazione museo storico del Trentino, Tessandri ripercorre la vita della donna e la sua resistenza al regime fascista. Lo fa attraverso le testimonianze di chi l'ha conosciuta, di chi è stato salvato e di chi ha vissuto al suo fianco nelle casette di legno dei bassifondi. C'è il racconto di Erna Valentin, sorella di Valeria; Paola Comploi; amica di Valeria; Carla Penaloza Palma, professoressa di Storia all’Università di Santiago. C'è l'intervista a Carlo Pizzinini, l'uomo che Valentin ha conosciuto in Cile e che poi ha sposato, rinunciando ai voti. Ma soprattutto c'è la testimonianza della stessa Valeria Valentin.

La rete clandestina e il ruolo delle ambasciate

Il film ripercorre tutto il lavoro di Suor Valeria, arrivata in Cile come segretaria di Don Fernando Ariztia, conosciuto come il "vescovo rosso", secondo per importanza nella curia cilena dell'epoca. Valentin è stato l'elemento di snodo fra i politici e il popolo, aiutando le persone a rifugiarsi nelle ambasciate di vari paesi europei. Con il sostegno della Chiesa, negli anni era arrivata a creare una vera e propria organizzazione clandestina volta alla pace.

Attraverso le sue conoscenze, nascondeva i ricercati nelle case, nelle baraccopoli, nei conventi, negli ospedali. Poi di notte li accompagnava nei pressi delle ambasciate e dei consolati, aiutandoli a scavalcare le mura di cinta, così da metterli in salvo nell’unico posto dove la violenza della polizia non poteva agire. Li faceva salire sulle sue mani o sulle sue spalle fino quando non fossero dall’altra parte, al sicuro. A quel punto i fuggitivi potevano contare su dei salvacondotti diplomatici messi a disposizione dai singoli Paesi, fra cui anche l’Italia, espatriando a bordo di voli aerei diretti fuori dal Paese.

Per anni suor Valeria ha rischiato la vita per proteggere la vita di chi le chiedeva aiuto. Nel film si possono toccare con mano storie di rara durezza e amore profondo, sedimentare in anni di resistenza umana. "La salvatrice" è la storia di una donna come ce ne sono state poche nella storia. Il film porta lo spettatore dentro un’esperienza difficile da digerire, soprattutto per chi è abituato a dare per scontato i valori della democrazia. Valeria Valentin è rimasta in Sudamerica finché ha potuto. Fino a quando Pinochet non ha capito che cosa stesse succedendo e ha puntato il mirino delle mitragliette anche contro la Chiesa cattolica.

"Ho sentito il bisogno di raccontare questa storia perchè è bellissima, perché troviamo un’eroina italiana che ha salvato almeno seicento, probabilmente ottocento persone - ha commentato l’autore Paolo Tessadri direttamente a TrentoToday -. L'ho conosciuta. Me l’ha fatta incontrare l’ambasciatore Roberto Toscano, che a quel tempo era un giovane diplomatico in Cile. È stato molto difficile trovarla perchè viveva in un paese dimentico dell’Alto Adige. Ma ce l’ho fatta, l’ho incontrata e alla fine mi ha raccontato la sua storia, che ci può insegnare la solidarietà e che vale sempre la pena lottare per i più deboli".

Valeria Valentin non ha mai più voluto parlare con i giornalisti e non ha mai voluto raccontare la sua storia a nessuno, dopo averlo fatto solo con Paolo Tessadri. È morta a Rodongo il 10 ottobre del 2002. Il suo nome è ancora vivo nella memoria del popolo cileno.

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