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La recensione

Nato all'incontrario, diario di un giornalista che ha superato la sua disabilità

È uscito per Koinè il libro di Francesco Curridori, giornalista e collaboratore de Il Giornale, che racconta e si racconta in una autobiografia che serve a far riflettere sulla vita e la politica

"Ritenersi un fallito è molto peggio di qualsiasi polmonite o ictus. Fa più male un cuore frantumato in mille pezzi per i propri traumi psicologici o sentimentali che un cuore trapiantato". Sono un pugno nello stomaco le parole con cui inizia il viaggio nella vita di Francesco Curridori: giornalista di 40 anni, collaboratore del quotidiano Il Giornale a Roma. Nel suo libro "Nato all'incontrario", edito Koinè, ripercorre la sua esistenza, marchiata dall'handicap dall'età di tre anni, dalla consapevolezza di essere "diverso" dagli altri. Di essere disabile. Parola che, tra l'altro, lui aborra.

Curridori ha origini sarde ma è trapiantato a Roma. Trapiantato come il cuore che, quando aveva 17 anni, ha sostituito quello con cui era nato. Un'operazione necessaria per schivare la morte, come ha fatto nelle innumerevoli volte che, nella sua dolce ironia, chiama "sfighe". Curridori racconta una vita da portatore di handicap a partire dalla prima diagnosi appena nato: cardiopatia congenita complessa, cioè l'arteria polmonare e l'aorta invertite e un grosso difetto interventricolare. Ma nel viaggio di un'esistenza travagliata, costringe il lettore a restare ancorato alla necessità di riflettere sul fatto che poi, alla fine, la vera inabilità non è uno stato fisico ma una condizione dell'animo, un battito di cuore, un assillo della mente che ci inganna, convincendoci di essere inadeguati.

Lui, che ha passato una vita a sentirsi così, si “spoglia” davanti ai lettori, portando in dote i suoi sentimenti, le gioie e le difficoltà di chi ha avuto una vita come pochi. E poi i dolori. Quelli patiti nei letti d’ospedale su e giù per l’Italia. Quelli sofferti a causa delle donne che, invece di amarlo, lo compativano o lo guardavano con sguardo di pietas. I pianti quando era bersaglio di un bullismo fatto anche di silenzi e le ansie per i sogni, di vita e lavorativi, sfumati per l’ennesimo ricovero. Ma lui, Checco, come lo chiamano gli amici, si è sempre rialzato.

Nato all'incontrario, libro del giornalista Francesco Curridori-2

In "Nato all’incontrario" Curridori non cerca alibi e anzi rilancia, prendendosi una rivincita con chi lo aveva dato per spacciato. Come davanti a un caffè, parla con una semplicità e una trasparenza che arrivano dritti al cuore di chi sa ascoltare. Dà un caleidoscopio nuovo per ripercorrere anche importanti fatti storici, sempre con la visione di chi, nella vita, ha dovuto farsi strada a suon di lacrime e pugni al muro.

Parla dell'esempio che è stato per lui Silvio Berlusconi; di come abbia vissuto la tragedia del ponte Morandi chi, come lui, lo attraversava per ricercare la "salvezza" tramite le cure al Gaslini di Genova. Parla della ribellione alla facile omologazione campanilistica che dominava  in Sardegna; il suo lungo percorso di fede. Parla degli anni del Covid e di come, certe scelte dell’allora Governo Conte, siano state devastanti per chi è cresciuto con quella morsa che è il senso di abbandono. Di qui la critica dell'autore, che attacca quell'esecutivo. Preferisce la libertà all'uguaglianza, si definisce politicamente un "conservatore" e lo rivendica. Lo ha sempre fatto, fin dagli esordi a "Il Velino", giornale fondato alla fine degli anni '90 dall'ex senatore di Forza Italia Lino Jannuzzi insieme ai giornalisti Stefano De Andreis e Roberto Chiodi.

Ma nel suo libro Curridori affronta anche temi difficili come la morte e la depressione, raccontando come le sue infinite "sfighe" lo abbiano anche portato ad accarezzare l'idea di farla finita. Ma c'è sempre il risvolto politico e ha il merito di disintegrare le ideologie intorno a un tema delicatissimo: l'aborto, a cui lui è contrario. Non c'è liberalismo che tenga perché il giornalista sardo costringe chiunque a dubitare, riproponendo uno dei suoi scritti più di successo, intitolato "Ma io, sarei nato?", pubblicato sul giornale "Pubblico", fondato da Luca Telese, prima di realizzare il sogno di scrivere per Il Giornale. Un'ambizione anche più grande se si pensa che Francesco Curridori è corrispondete dalla Camera come cronista parlamentare.

Alla fine sembra un ricordo l'immagine del bambino rattristato che giocava da solo in giardino, mentre si scopre un uomo, un giornalista, mente pensante nel ruolo di garante della democrazia, che dovrebbe essere ogni cronista. E se davvero questo libro deve essere uno strumento per chi (sbagliando) "pensa che la propria esistenza sia brutta o inutile", allora Curridori compie la sua missione, consegnando una lezione di vita. Dopo le 130 pagine, resta l'amaro del dubbio che la vita, quella dei presunti abili, valga molto più di quanto non si pensi. Cresce la sensazione di un'occasione nuova per guardare al mondo in maniera diversa e se stessi con una nuova consapevolezza. Senza stucchevoli paternalismi o facili moralismi. Così Curridori si distingue, non più per i suoi mille problemi, ma per aver avuto la forza di rialzarsi ogni volta, conquistando ogni giorno la vita. Quella che, senza mezzi termini, alcuni Vip (ma anche persone comuni), "conducono di merda". Nonostante una salute di ferro.

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