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Leggende trentine: perché le Dolomiti si chiamano "monti pallidi"

Una principessa figlia della Luna ed il figlio del Re delle Dolomiti sono i protagonisti di una delle più celebri leggende di montagna

Le Dolomiti viste al chiaro di Luna: uno spettacolo unico ed emozionante. La giusta ricompensa dopo la fatica della salita e la veglia notturna in vetta. E' un panorama unico, indescrivibile, tanto che la ragione di una luce così particolare va ricercata non nei libri di geologia ma in quelli di leggende popolari. Si narra infatti che un tempo quelle montagne non erano pallide come oggi, bensì oscure e ricoperte di fitte foreste. In quell'epoca il figlio del Re delle Dolomiti si innamorò nientemeno che della Luna. Passava notti e notti sveglio, a rimirarla. La luce abbagliante, pura, immacolata lo incantava ed al tempo stesso creava in lui una profonda malinconia: sognava, infatti, di raggiungerla sapendo che ciò era impossibile.

In una di queste notti un raggio lunare venne a posarsi in una radura del bosco e lì il principe, non credendo ai propri occhi, scorse una bellissima fanciulla. Era vestita di bianco ed emanava una tenue, immacolata luce. La stessa luce che lo aveva tenuto sveglio per tante notti. Era, infatti, la figlia della Luna. I due si innamorarono a prima vista e, nel giro di poco tempo, il giovane principe la chiese in sposa alla Luna. Il problema si palesò immediatamente: dove avrebbero vissuto i due sposini, futuri re e regina del Regno delle Dolomiti e del Regno Lunare?

Sulla Luna gli occhi del giovane principe non avrebbero certo potuto resistere all'insostenibile luce lunare. Al tempo stesso la principessa si sentiva oppressa da quelle montagne così scure, quasi tetre, da quelle foreste tanto fitte da smorzare la sua incantevole luce, la sua bellezza. Così, rattristata, se ne andava la figlia della luna nella notte buia quando incontrò un simpatico ometto, con una lunga e folta barba. Era il Re dei Nani che, commosso dalle lacrime della fanciulla, cercò di consolarla. Sentita la sua storia giunse ad una conclusione: "Noi nani troveremo la soluzione, in cambio chiediamo di poter vivere in pace nel vostro Regno, senza più doverci nascondere nelle cavità della terra".

Fu così che, nella successiva notte di plenilunio, la Luna tornò a spuntare tra le vette ed i nani uscirono dalle loro case sotterranee per disporsi sul profilo dei monti. Quando il primo raggio lunare arrivò sulla Terra in cielo apparvero mille fili luminosi, che irradiavano di una luce soffusa, sicuramente magica. La stessa che risplende ancora oggi. Erano i nani che, sulla cime, tessevano la luce lunare per creare un "mantello" che potesse illuminare anche le foreste più fitte e le più tetre fenditure delle montagne. Da quella notte, ogni volta che spunta la Luna, la luce si riflette sulle pareti rocciose delle Dolomiti diffondendo quel pallore unico, magico, a tutto il paesaggio circostante. 

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